«Io, infermiera nel focolaio di geriatria contagiata e di nuovo in prima linea»

«Io, infermiera nel focolaio di geriatria contagiata e di nuovo in prima linea»
L'INTERVISTATREVISO «All'inizio non ci eravamo resi conto della situazione. Le cose sono precipitate nel giro di pochi giorni, coinvolgendo anche noi come personale sanitario. A...

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L'INTERVISTA
TREVISO «All'inizio non ci eravamo resi conto della situazione. Le cose sono precipitate nel giro di pochi giorni, coinvolgendo anche noi come personale sanitario. A poco a poco siamo stati letteralmente decimati. Fino alla chiusura del reparto di Geriatria». Rebecca Urio, infermiera di 26 anni del Ca' Foncello, prima persona guarita dal coronavirus a donare il plasma a Treviso per provare a passare gli anticorpi ai nuovi malati, ricorda così l'esplosione del maxi focolaio di Covid-19 all'interno dell'ospedale. Lei lavorava proprio nel reparto di Geriatria, dove è iniziato tutto. Il 25 febbraio c'è stato il primo decesso di una paziente di 76 anni risultata positiva.

Come ricorda quei giorni? «Non c'eravamo accorti della portata del problema, anche se c'erano già dei campanelli d'allarme. Quando sono emersi i primi casi, noi del personale sanitario siamo stati sottoposti a tampone. Da lì è partito tutto. Sono risultata positiva e sono rimasta in isolamento a casa».
E quando è rientrata?
«Sono tornata in servizio dopo due settimane. A quel punto ho passato pochi giorni in Geriatria. Poi c'è stata la chiusura definitiva del reparto e il nostro trasferimento».
Dove?
«Dopo la chiusura della Geriatria per la sanificazione siamo stati trasferiti in un altro reparto, poi ribattezzato Malattie infettive 2, nello stabile esterno, dove c'erano solo pazienti Covid positivi, dato che alcuni di noi si erano immunizzati».
Avete mai avuto paura?
«Sì, c'era la paura di non farcela, soprattutto per lo stress emotivo, dovuto anche alla bardatura e al timore di essere nuovamente contagiati».
Com'è stato il rapporto con le famiglie dei pazienti colpiti dal coronavirus, che non potevano entrare nei reparti Covid?
«Le visite non erano consentite. I familiari venivano contattati telefonicamente. Adesso grazie alla donazione di un tablet facciamo le video-chiamate. E questo consente ai pazienti di sentire i loro cari più vicini».
Com'è nata l'idea di donare il plasma per aiutare gli altri con gli anticorpi sviluppati nel corso della malattia?
«Precisamente dopo aver sentito che un medico che veniva a fare le notti da noi era stato a sua volta contagiato e poi, una volta guarito, aveva scelto di donare il plasma. Insieme ad altri colleghi abbiamo iniziato a informarci, fino ad arrivare alla donazione dell'altro giorno».
Lei è stata la prima a donare nel Centro trasfusionale dell'ospedale di Treviso. È andato tutto bene?
«Tutto per il meglio. Sono contenta di quello che ho fatto. Spero che possa servire ad aiutare le persone che si trovano ancora in difficoltà».
Ha ricevuto anche i complimenti di Francesco Benazzi che ha colto l'occasione per invitare le altre persone guarite dal coronavirus a donare il plasma, come ha fatto lei.

«Non pensavo assolutamente di essere la prima. Diciamo che sono contenta di quello che ho fatto. E mi auguro possa essere utile».
M.Fav
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino