«Io, finita ko così mi sono rialzata»

«Io, finita ko così mi sono rialzata»
L'INTERVISTAPADOVA Un calvario lungo quattro anni e mezzo, ma adesso l'ex boxeur Luisa Nociti è tornata alla vita. Quel maledetto 18 luglio del 2015, la vice campionessa...

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L'INTERVISTA
PADOVA Un calvario lungo quattro anni e mezzo, ma adesso l'ex boxeur Luisa Nociti è tornata alla vita. Quel maledetto 18 luglio del 2015, la vice campionessa italiana, si stava allenando sul ring del Fight club, quando è stata colpita da un pugno sulla parte sinistra del volto. La luce si è spenta, è andata al tappeto ed è entrata in coma. Due operazioni al cervello, per ridurre l'emorragia e tre anni di riabilitazione. Fino a quando, grazie all'Ulss 6, è entrata a fare parte del progetto Sil (servizio di integrazione lavorativa). Luisa, oggi ha 40 anni e un sorriso che mette subito allegria. Dal primo dicembre dell'anno scorso lavora per Aics, quattro ore alla mattina, accudita dal presidente Angelo Trifiletti e dal responsabile della segreteria Danilo Rasula, capitano della squadra di calcio a cinque del Padova.

Cosa si ricorda di quel 18 luglio di cinque anni fa?
«Nulla, so solo che sono entrata in coma e ci sono rimasta per un mese. Poi ho dovuto subire due operazioni al cervello. Potevo morire».
Si stava allenando?
«Mi hanno raccontato che stavo tirando con il mio grande amico Robin, una situazione normale. All'epoca già non facevo più incontri, ma allenavo. Sono stata raggiunta da un pugno sul lato sinistro del volto. Ero salita sul ring senza caschetto protettivo, dopo il mio incidente la federazione lo ha reso obbligatorio anche durante gli allenamenti. Robin si è sentito in colpa ed è entrato in depressione, ma lui non c'entra nulla. È sempre venuto a trovarmi in ospedale e ci sentiamo spesso».
La riabilitazione è stata lunga?
«Ho dovuto seguire un percorso medico lungo tre anni, perchè sono rimasta offesa sul lato destro del mio corpo. Sono stata ricoverata per mesi negli ospedali di Verona e Vicenza, e sono anche andata dal logopedista. Adesso per fortuna è tutto finito e sto meglio».
Consiglierebbe a un ragazzo di intraprendere il pugilato?
«È uno sport molto formativo, aiuta a farsi un carattere forte. E poi quello che è accaduto a me sul ring è molto raro. Per cui sì, lo consiglierei a tutti i giovani».
Le piacerebbe riprendere a boxare?
«No, l'esperienza negativa è stata importante. Quello che mi è accaduto mi ha segnato. Però mi manca essere di nuovo un' atleta, mi manca allenare e mi manca il ring. In primavera però ho deciso di riprendere con lo sport e mi piacerebbe giocare a pallavolo».
Come si svolgono le sue giornate?
«Prima dell'incidente allenavo tutti i giorni, tranne la domenica. Adesso alla mattina dalle 9.30 alle 12.30 vengo all'Aics a lavorare. Poi torno a casa in autobus, mangio, lavo i piatti e mi riposo. Spesso leggo, faccio i cruciverba e guardo la televisione. Vivo con mia mamma e mio fratello. Loro mi riempiono d'affetto».
È contenta di essere tornata al lavoro?
«Qui all'Aics sono rinata, mi è tornata la gioia di vivere. La mia esperienza dovrebbe terminare il prossimo 30 di novembre, ma spero di proseguire. Prima ero finita in una segreteria di un centro a Selvazzano, ma ero circondata da persone con disabilità. Mi stavo deprimendo. All'Aics invece sono tornata a contatto con il mondo dello sport. Inserisco i dati nel computer per tesserare gli associati».
Oggi è una persona felice?

«Grazie a questo impiego ho ritrovato il mio equilibrio, mi sento quasi appagata al cento per cento. In futuro spero di trovare un lavoro simile. Ho ritrovato il sorriso e la voglia di vivere».
Marco Aldighieri
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Il Gazzettino