«Intese per il bene comune»

«Intese per il bene comune»
Il settantesimo anniversario della Liberazione meritava una speciale riflessione, uno sforzo collettivo legato alla memoria della ritrovata libertà nazionale, ma anche rivolto...

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Il settantesimo anniversario della Liberazione meritava una speciale riflessione, uno sforzo collettivo legato alla memoria della ritrovata libertà nazionale, ma anche rivolto al presente e al futuro del Paese. Ecco perchè Sergio Mattarella si è impegnato in un trittico commemorativo imperniato su due interventi di carattere prevalentemente storico e pedagogico al Quirinale e suggellato dalla solenne celebrazione di ieri a Milano, nella palpitante cornice del Piccolo Teatro Grassi. E' stato un discorso di alto spessore morale e politico sulla democrazia, proiettato verso l'oggi e il domani, con un severo richiamo alla lotta contro la corruzione. Un discorso lungamente applaudito dalla platea dove abbondavano i giovani che - fuori programma - hanno intonato le note di «Bella ciao». E proprio ai giovani Mattarella subito si rivolge, ricordando come il 25 aprile «sia festa di speranza per tutti» e che essi «possono battersi per un futuro migliore perché non è vero che siamo imprigionati in un presente irriformabile».

Il presidente non nasconde l'emozione quando ricorda il ruolo di Milano, città-simbolo della Resistenza contro il nazifascismo, e sottolinea come si sia formata nel Paese dopo tanti anni «una memoria condivisa» sulle origini e sulle fondamenta della Repubblica poiché «la Liberazione è un punto di connessione nella storia del nostro popolo».
Il che non significa - ribadisce il Presidente - stabilire una «equivalenza» tra chi lottava per la pace e chi sosteneva gli occupanti nazisti a Salò. Insomma: pietà per i morti senza confondere le cause. Far luce anche su «gravi episodi di violenza e colpevoli reticenze», ma senza che ciò comporti un cambiamento del giudizio storico sulle forze che consentirono al Paese di riacquistare dignità e indipendenza. Anche l'analisi storica del fenomeno resistenziale («un fiume che ha ricevuto acqua da molti affluenti») si muove nel solco tracciato dai precedessori Ciampi e Napolitano; un fenomeno con varie componenti oltre quella partigiana, a cominciare da quella militare.

Ma - come si è detto - il fulcro del discorso di Mattarella è concentrato sull'attualità della ricorrenza e sulla necessità di applicare la Costituzione, «frutto principale del 25 aprile». O, meglio, di rinnovare «il patriottismo della Costituzione» perché «la democrazia come la libertà non è mai conquistata una volta per tutte». Va alimentata con impegno coerente. «Vuol dire anche - ammonisce Mattarella - battaglia per la legalità, lotta severa contro la corruzione». Ancora: «Contrasto aperto contro le mafie e tutte le organizzazioni criminali che sono una piaga aperta nel corpo del Paese». Di qui l'appello alle istituzioni perché «tengano alta la guardia». Proprio perché l'unità nazionale e la democrazia sono beni deperibili - incalza il capo dello Stato - è necessario che siano ricomposte le fratture sociali provocate dalla crisi economica. E avverte: «Il diritto al lavoro è la priorità delle priorità». Serve un impegno collettivo per riconoscere i diritti della persona come valore. E il messaggio è rivolto ai partiti: «Mi auguro che nella libertà del confronto politico si possano trovare convergenze finalizzate al bene comune». Né manca una sferzata all'Europa. «Deve ritrovare la sua missione - spiega Mattarella - proprio nei giorni in cui il Mediterraneo rischia di diventare il sacrario delle vite e delle speranze di centinaia di donne, uomini, bambini in fuga dalla guerra».
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Il Gazzettino