Inquinamento e bancarotta, riuniti i due filoni del procedimento Pfas

Inquinamento e bancarotta, riuniti i due filoni del procedimento Pfas
IL PROCESSOVENEZIA Non solo avvelenamento delle acque e disastro innominato, per i fatti avvenuti fino al 2013, ma anche reati ambientali e bancarotta, per contestazioni che...

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IL PROCESSO
VENEZIA Non solo avvelenamento delle acque e disastro innominato, per i fatti avvenuti fino al 2013, ma anche reati ambientali e bancarotta, per contestazioni che arrivano fino al 2018. Il giudice per l'udienza preliminare Roberto Venditti ha deciso di riunire i due procedimenti penali riguardanti l'azienda Miteni di Trissino, tanto che i sostituti procuratori Barbara De Munari e Hans Roderich Blattner hanno chiesto il processo per i 15 indagati (fra cui i colossi Mitsubishi e Icig) nell'ambito delle inchieste, che interessano una vasta area compresa fra le province di Vicenza, Padova e Verona. La svolta è arrivata nell'udienza di ieri, cioè proprio nella Giornata mondiale dell'acqua.

LE SOCIETÀ IDRICHE
La coincidenza della ricorrenza è stata evidenziata in particolare dalle società idriche Acque del Chiampo, Acquevenete e Viacqua, che si sono costituite parti civili sia nel primo che nel secondo procedimento, e Acque Veronesi, che è presente in Pfas 1 e ora valuta se fare altrettanto in Pfas 2. Gli avvocati Marco Tonellotto, Vittore d'Acquarone e Angelo Merlin hanno stigmatizzato i «gravi comportamenti omissivi reiterati giorno dopo giorno» da parte dei manager imputati nel primo filone e l'«assenza di prevenzione» che emerge dalla seconda inchiesta. «L'inquinamento non è mai stato interdetto, inoltre è stata messa in atto una dissimulazione del danno», hanno aggiunto i legali.
LA REGIONE

Molto dura è stata l'arringa dell'avvocato Fabio Pinelli, che assiste la Regione (un'altra delle parti civili, in tutto 226), nell'affermare che il bene giuridico dell'ambiente è stato «sacrificato da Miteni sull'altare della produzione a discapito del territorio, delle acque e della salute umana». Palazzo Balbi rinfaccia all'azienda, nei suoi vari passaggi proprietari, di aver comunicato agli enti territoriali i risultati delle proprie analisi e dunque i rischi di una grave contaminazione solo dopo lo studio del Cnr nel 2013 sulla diffusione delle sostanze perfluoroalchiliche e l'intervento dell'Arpav nel 2015 sulla presenza dei composti GenX e C6O4. «Ciò dimostra la volontà dei dirigenti di Miteni di occultare lo stato dei fatti, al fine di impedire agli enti competenti (tra cui Regione e Comune) di intervenire», ha chiosato Pinelli, ribadendo il tenore delle accuse con cui i pm De Munari e Blattner contestano ai vari ex dirigenti e responsabili di aver inquinato le falde senza adottare le necessarie contromisure né avvisare gli enti preposti, nonostante «l'alterazione anche visiva del sottosuolo» e il continuo «sforamento dei valori tollerati». L'avvocato della Regione ha aggiunto che «non si tratta di condotte meramente omissive, ma anche espressamente ingannatorie», in quanto i manager non avrebbero «mai comunicato i risultati degli studi commissionati» e avrebbero nascosto «le vere ragioni dell'installazione della barriera idraulica». La replica delle difese è stata fissata per il prossimo 13 aprile.
A.Pe.
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Il Gazzettino