Indagato agente con venti cellulari

Indagato agente con venti cellulari
In soli tre anni nella casa di reclusione Due Palazzi, sono entrati illegalmente 130 telefoni cellulari con tanto di scheda sim. Almeno duecento detenuti hanno potuto usufruire...

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In soli tre anni nella casa di reclusione Due Palazzi, sono entrati illegalmente 130 telefoni cellulari con tanto di scheda sim. Almeno duecento detenuti hanno potuto usufruire degli apparecchi, tra cui alcuni ergastolani, per chiamare mogli, fratelli, mamme e amici. L'indagine era scatta l'8 luglio del 2014 e da allora di fatto non si è mai conclusa. Il sostituto procuratore Sergio Dini, titolare dei fascicoli, appena due settimane fa ha posizionato un nuovo tassello sullo scandalo del carcere. È finito iscritto nel registro degli indagati per il reato di corruzione un poliziotto penitenziario, al quale sono stati trovati e sequestrati venti telefoni cellulari occultati nel suo alloggio di servizio. Altri sei apparecchi sono stati poi scoperti dietro a un termosifone lungo un corridoio della casa di reclusione. La legge sull'introduzione in carcere dei cellulari è molto chiara: se un parente di nascosto fa avere a un detenuto un telefonino non è reato. Se i detenuti tra loro si passano un cellulare per chiamare a casa non è reato. Si incorre solo in un procedimento disciplinare contro il recluso. Diventa reato invece solo in due casi: se una guardia carceraria vende i telefoni ai detenuti oppure si fa pagare per mantenere il silenzio, o se i detenuti utilizzano i cellulari per organizzare affari illeciti.

Ma le indagini partite nel 2014, con gli uomini della Squadra mobile, avevano portato alla luce una corruzione diffusa in tutta la casa di reclusione: i detenuti potevano drogarsi, telefonare con i cellulari e con gli stessi navigare in Internet. Il business era stato messo in piedi da alcuni agenti della penitenziaria. Uno dei capi dell'organizzazione riceveva soldi da parte dei detenuti attraverso dei pagamenti con la Western Union. Era poi emerso che cinque guardie facevano i galoppini del capo e consegnavano refurtiva o droga ai reclusi. I soldi non si vedevano e ci pensavano i parenti dei detenuti a pagare con bonifici intestati anche alla moglie del boss. Il quale è stato filmato dagli uomini della Mobile mentre consegnava la droga a un recluso. In meno di un anno aveva incassato 30 mila euro con i bonifici alla Western Union e con il denaro pagava le altre guardie coinvolte. Nel gruppetto c'era anche un agente chiamato Poeta e la sua passione era fare l'attore in film porno. Gli investigatori avevano anche sequestrato alcuni video amatoriali che venivano rivenduti tra i detenuti.
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Il Gazzettino