In Italia più pensioni che stipendi Cgia: Nordest in controtendenza

In Italia più pensioni che stipendi Cgia: Nordest in controtendenza
LA RICERCAVENEZIA Il numero delle pensioni erogate in Italia ha superato quello degli occupati. Nordest in controtendenza: solo nelle province di Udine, Trieste, Gorizia e Rovigo...

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LA RICERCA
VENEZIA Il numero delle pensioni erogate in Italia ha superato quello degli occupati. Nordest in controtendenza: solo nelle province di Udine, Trieste, Gorizia e Rovigo il numero degli assegni di la previdenza supera quello degli stipendi.

Lo sostiene la Cgia di Mestre «con un notevole grado di certezza». Sulla base degli ultimi dati disponibili - sottolineano gli artigiani - se nello scorso mese di maggio coloro che avevano un impiego lavorativo sono scesi a 22,77 milioni di unità, gli assegni pensionistici erogati sono ora superiori. Al 1° gennaio 2019, infatti, la totalità delle pensioni erogate in Italia ammontava a 22,78 milioni. Se teniamo conto del normale flusso in uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età e dell'impulso dato dall'introduzione di quota 100, nel 2019 e quest'anno il numero complessivo delle pensioni è aumentato almeno di 220mila unità. Pertanto gli assegni stanziati alle persone in quiescenza sono attualmente superiori al numero di occupati presenti nel Paese.
«Il sorpasso è avvenuto in questi ultimi mesi - sottolinea il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo -. Dopo l'esplosione del Covid, infatti, nel Paese c'è stata una forte diminuzione dei lavoratori attivi. Ancorché le statistiche a livello territoriale siano datate, il Nordest comunque è in controtendenza rispetto al dato medio nazionale. Solo le province di Rovigo, Trieste, Gorizia e Udine registrano più pensioni che occupati. Tuttavia, il trend appare segnato. Nei prossimi anni avremo culle sempre più vuote e un'età media della popolazione in costante aumento anche nelle nostre province. Ciò comporterà una società meno innovativa, meno dinamica e con un livello e una qualità dei consumi interni in costante diminuzione».
GROSSO PROBLEMA
Sebbene gli effetti della crisi dovuta al Covid avranno un impatto molto negativo dal punto di vista occupazionale, è evidente che il progressivo invecchiamento della popolazione sarà un altro grosso problema con il quale fare i conti. «Anche a Nordest - afferma il segretario della Cgia Renato Mason - negli ultimi anni gli imprenditori stanno cercando personale altamente qualificato o figure caratterizzate da bassi livelli di competenze. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa del distacco che si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, i secondi invece sono posti che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono coperti dagli stranieri. Una situazione che con la depressione economica alle porte potrebbe assumere dimensioni più contenute, sebbene in prospettiva futura la difficoltà di incrociare la domanda e l'offerta di lavoro rimarrà una questione non facile da risolvere».
LA COMPARAZIONE
In base agli ultimi dati disponibili, cioè quelli risalenti a gennaio 2019, nove province del Nordest mantengono il numero degli occupati su una soglia superiore al numero delle pensioni, in particolar modo a Padova (saldo +90 mila), a Bolzano (+86 mila) e a Verona (+80 mila).
Ovviamente, le situazioni più critiche si registrano nelle realtà dove l'età media della popolazione è più avanzata. A livello nordestino, infatti, quella più elevata si trova a Trieste (48,39 anni medi), subito dopo scorgiamo Rovigo (47,69), Gorizia (47,42), Belluno (47,26) e Udine (47,23). Le province più giovani, invece, sono Verona (44,34 anni medi), Vicenza (44,32), Trento (44,11) e Bolzano (42,30).

Le prospettive per le pensioni però sono molto incerte. Il basso livello di natalità e di attività italiano rende il sistema poco sostenibile. Un problema comune a tutti i Paesi più riochi. L'80% degli over 65 vive infatti nelle 20 economie maggiormente sviluppate del pianeta che insieme producono l'85% del Pil mondiale. Più degli altri, potrebbero beneficiare del dividendo demografico generato dai Paesi emergenti. In questi ultimi va aumentando la fascia in piena età lavorativa (30-55 anni) a un ritmo superiore rispetto alla capacità del sistema economico locale di creare posti. Un fenomeno che alimenta le spinte migratorie verso i paesi più industrializzati del mondo dando però ossigeno alle casse della loro previdenza.
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Il Gazzettino