«Veneto Banca non ha avuto pietà». È lo sfogo di L.C., 30enne bellunese, che ha perso parte dei soldi del risarcimento ottenuto per un incidente che lo ha lasciato invalido....
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Il racconto del 30enne inizia dal 2006, quando la banca bussò alla sua porta. «Ho sempre pensato che avessero saputo della provvisionale», dice L.B. E non sa nemmeno lui come quei soldi siano stati investiti in azioni. «L'unica cosa che avevo chiesto era di mantenere il capitale», racconta. L'agente propone l'acquisto di 100mila euro di azioni Veneto Banca, un terzo dell'investimento. «Sono sicure, non sono legate alle Borse e puoi riavere i soldi in 3 mesi», era stato detto al giovane allora ventenne. Viene compilato il Mifid (Markets in Financial Instruments Directive) che ha l'obiettivo di garantire una maggiore integrazione e trasparenza, come richiede la normativa. «Non era una cosa che si faceva prima - racconta L.B. - mi hanno posto delle domande e alla fine mi hanno fatto firmare il modulo, ultimo dopo altre 50 firme». Da un anno all'altro il Mifid passa da «un rischio basso e rivalutazione di capitale» del 2008 a un «rischio alto e voler far crescere il capitale» del 2009.
Nel 2014 L.B invia una domanda scritta: vuole i suoi soldi. La banca prende tempo, non risponde fino al 23 aprile del 2014: dice che le azioni ora valgono 30 euro, ma che è cambiato il regolamento di negoziazione. Il 30enne non riuscirà più ad avere i suoi soldi e si affida all'avvocato. Secondo il legale Marco Righes (figlio di Fabrizio), ci sarebbero state «gravi mancanze nell'intermediazione della banca e difetto di trasparenza e i contratti di acquisto delle azioni sono nulli». «Ribadiamo - dice Veneto banca - che la banca abbia sempre agito correttamente nel rispetto degli obblighi informativi e dei doveri di correttezza». Ora la parola spetta al Tribunale. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino