Ilva, il governo spinge sul pre-accordo

Ilva, il governo spinge sul pre-accordo
LA TRATTATIVAROMA Sarà un primo incontro tecnico tra ArcelorMittal e il Mise, probabilmente anticipato a lunedì, a svelare alcuni dettagli cruciali del contro-piano per...

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LA TRATTATIVA
ROMA Sarà un primo incontro tecnico tra ArcelorMittal e il Mise, probabilmente anticipato a lunedì, a svelare alcuni dettagli cruciali del contro-piano per l'ex-Ilva del governo che punta ad azzerare, o quasi, i 4.700 esuberi chiesti da ArcelorMittal (che si aggiungono ai 1.700 in cassa integrazione). L'obiettivo del governo è riavviare la trattativa dopo che ha duramente respinto, anche con un certo stupore, la nuova proposta sugli esuberi della multinazionale, a un mese dall'annuncio della marcia indietro. E lo farà con impegni nero su bianco, come chiesto dalla stessa ArcelorMittal. A patto che il Mef in queste ore riesca a sciogliere le riserve sul possibile ruolo di Invitalia, per esempio per spingere il siderurgico di Taranto verso la tecnologia a idrogeno, sull'ipotesi di intervento di altre società a partecipazione pubblica, ma anche sulle risorse necessarie per gli ammortizzatori sociali necessari.

L'impressione, però, è che ci vorrà molto più tempo di qualche giorno per imboccare la strada dell'accordo. Non solo perché le opzioni industriali individuate dal governo per garantire 8 milioni di tonnellate di produzione, destano più di qualche perplessità e una certa meraviglia nel quartier generale della multinazionale a Londra. Costi e tempi anche di certe soluzioni green proposte sono tutti da approfondire. Ma anche perché probabilmente richiederà maggiori approfondimenti l'intervento più ampio dello Stato. Un ruolo indiretto di Cdp non è da escludere, seppure nello statuto ci siano paletti precisi in caso di società in perdita. E Domenico Arcuri, appena riconfermato alla guida di Invitalia, non ha ancora presso ufficialmente in mano il dossier, per ora solo sotto osservazione. Ma è prevedibile che la società possa avere un ruolo anche nelle bonifiche grazie al know how e l'esperienza maturata sulle acciaierie di Bagnoli e di Piombino. Insomma, la complessità del settore, insieme a quella del caso specifico dell'Ilva, meritano valutazioni ben più approfondite.
I NODI DA SCIOGLIERE
Del resto, i quattro punti del progetto sul tavolo del ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli, passano da una produzione di 8 tonnellate all'anno a fine piano (contro le 6 prospettate dalla multinazionale per fine piano), tra Altoforno a carbone, forno elettrico e preridotto a gas, ma anche da un futuro nell'idrogeno. Ma tra i dubbi da chiarire ci sono quelli su costi della riapertura dell'altoforno 5 (fermo dal 2015) tutto da rifare e comunque con un impatto inquinante non trascurabile. L'ipotesi dei forni elettrici, poi, prevede comunque un tempo fisiologico, almeno due anni, di implementazione, anche se fatto con le risorse di Invitalia. E forse è anche da valutare a fondo l'impatto dell'eventuale alimentazione dei forni con i rottami, data la scarsità di questi ultimi in circolazione. Quanto alla tecnologia a idrogeno, senz'altro un'opportunità per l'Ilva, non sarà industrializzabile prima del 2026, fanno notare anche fonti sindacali. Per il resto, nel piano del governo ci sono garanzie di tutela occupazionale con misure di accompagnamento per i 4-5 anni del piano. Ed è evidente che ArcelorMittal si aspetti segnali concreti dal governo anche su questo fronte. Se poi il premier Giuseppe Conte e il ministro Patuanelli riusciranno davvero a ridurre a zero o al minimo (non più di 1.500) gli esuberi è presto per dirlo. Anche per questo ci vuole tempo.

Da parte sua il governo ha già mostrato tutta la sua determinazione a respingere il piano ArcelorMittal per una mini-Ilva con 4.700 esuberi, più gestbile anche senza scudo penale. Finora ha ottenuto soltanto una minima correzione del tiro sugli esuberi, inizialmente 4.900. Ha anche ottenuto la conferma dell'impegno da parte di ArcelorMittal a continuare la produzione scongiurando lo stop. Ora Patuanelli userà il contro-piano e l'appuntamento in vista in Tribunale per pretendere «almeno un pre-accordo». Il 20 dicembre il Tribunale di Milano tornerà a esaminare il contenzioso tra i commissari straordinari e il gruppo franco-indiano sulla richiesta di recesso, ora sospesa in attesa degli sviluppi della trattativa. E il ministro è pronto a scommettere che se il giudizio andrà avanti ArcelorMittal avrà la peggio, perché la richiesta di recesso è infondata. Intanto per i sindacati scatterà giovedì lo sciopero per ex Ilva e indotto, una protesta che confluirà a Roma nella manifestazione nazionale che era già stata indetta da Cgil, Cisl e Uil.
Roberta Amoruso
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Il Gazzettino