IL RETROSCENA ROMA La strategia decisa da Giuseppe Conte d'intesa con Pd, 5Stelle

IL RETROSCENA ROMA La strategia decisa da Giuseppe Conte d'intesa con Pd, 5Stelle
IL RETROSCENAROMA La strategia decisa da Giuseppe Conte d'intesa con Pd, 5Stelle e Leu, non cambia. A dispetto dei numeri incerti in Senato, di una maggioranza assoluta...

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IL RETROSCENA
ROMA La strategia decisa da Giuseppe Conte d'intesa con Pd, 5Stelle e Leu, non cambia. A dispetto dei numeri incerti in Senato, di una maggioranza assoluta irraggiungibile domani a palazzo Madama e delle voci che danno una parte dei dem tentati dal ricucire con Matteo Renzi, il premier non ha alcuna intenzione di riallacciare il dialogo con Italia Viva.

«C'è un patto di ferro tra il presidente e gli alleati: con Renzi è chiusa, definitivamente chiusa. E Giuseppe andrà avanti anche con un solo voto di scarto...», garantisce chi ha parlato con Conte nelle ultime ore. «Dopo di che, incassata la maggioranza relativa in Senato, ci sarà tutto il tempo per allargarla alle forze europeiste, cattoliche e socialiste». Senza fretta. «Poi, una volta che con il tempo il governo verrà rafforzato, si potrà lavorare al Conte-ter...». Un'apertura non da poco: questo è l'epilogo invocato dal Pd e gradito ai 5Stelle, che vorrebbero cambiare più di un ministro e ottenere maggiore collegialità.
Quando oggi a mezzogiorno Conte prenderà la parola a Montecitorio, il premier farà appello alla «responsabilità» e all'«unità» per fronteggiare «insieme» l'epidemia e attuare il Recovery Plan che dovrà «garantire la rinascita del Paese». «Un discorso molto ricco di contenuti, imperniato sulle cose da fare e quelle fatte», dice chi l'ha sbirciato. Soprattutto, in vista del voto del Senato fissato per domani, il capo del governo lancerà un appello «alto» ai costruttori. «Alla luce del sole», come gli ha suggerito Dario Franceschini.
L'ARRUOLAMENTO
Il premier sottolineerà che il suo governo «raccoglie un po' tutte le sensibilità», andando dal centro alla sinistra, «con grande attenzione al sociale». Conte descriverà l'esecutivo rosso-giallo come la casa comune dei socialisti (per corteggiare il senatore Riccardo Nencini), dei cattolici e degli europeisti (per spingere i quattro dell'Udc a rompere con Forza Italia e a passare in maggioranza). E lancerà anche un appello ai grillini che hanno abbandonato il Movimento (in Senato sono numerosi) a «ritrovare e a riabbracciare i valori per i quali sono stati eletti». Infine definirà ineluttabile un «percorso comune» per «costruire assieme uno sviluppo sostenibile», incompatibile con il sovranismo anti-europeo. Non dovrebbe mancare un passaggio volto a spiegare che se cadrà il governo rosso-giallo, l'alternativa saranno le elezioni o un governo tecnico «molto distante dalla sensibilità e dalle istanze socialiste, cattoliche, europeiste».
«RENZI, GESTO IRRESPONSABILE»
A sentire fonti di maggioranza, Conte non attaccherà frontalmente Renzi, come invece fece con Matteo Salvini nell'agosto del 2019. «Si limiterà, al massimo, a sottolineare che è stato irresponsabile aprire la crisi in un momento così delicato per il Paese», dice una fonte di maggioranza, «e che lui ha fatto tutto il possibile per garantire il confronto con Italia Viva ed evitare la rottura». Punzecchiature, insomma. Nulla di più. Anche perché attaccare Renzi frontalmente renderebbe più difficile scippargli qualche senatore.
Conte, raccontano, si sente forte del «patto di ferro» con Pd, 5Stelle e Leu per bloccare le avance di Renzi. Spiegazione di un ministro grillino: «Ormai è chiaro a tutti che non c'era solo un problema personale con il senatore di Rignano che voleva fare fuori Giuseppe, il suo vero obiettivo era spaccare l'alleanza tra Pd e Movimento per provare a trovare un proprio spazio politico visto che Italia Viva è piantata da mesi al 2%. Solo così si spiega la sua insistenza per il Mes. Ma gli è andata male, con lui abbiamo chiuso».
Sbarrare la porta a Renzi serve a Conte per provare a incassare i voti dei costruttori. «Se l'Udc si è fatta indietro e se altri senatori per ora si sono chiamati fuori», spiega una fonte di rango della maggioranza, «è perché molti sospettano che il Pd faccia il doppio gioco e che voglia ricucire con Italia Viva. Ma quando sarà evidente che questa strada è sbarrata definitivamente, i costruttori si faranno avanti. Non sarà solo l'Udc, ma anche alcuni senatori di Italia Viva...».
SENZA FRETTA
Conte non ha fretta: «Si può governare per qualche tempo anche con la maggioranza assoluta alla Camera e relativa in Senato», dice chi ha raccolto le confidenze del presidente del Consiglio. Dopo di che, se invece tutto dovesse andare male, «ci sarà un governo tecnico ed elezioni a giugno». Appuntamento al quale il premier si potrebbe presentare con una propria lista (Insieme) in coalizione con il Pd, i 5Stelle e Leu. «Con la destra anti-europea ce le giochiamo. Io batterò il Paese palmo a palmo per spiegare tutte le cose buone che abbiamo fatto e possiamo fare», ha confidato.

Ma c'è di più. C'è che Conte, per la prima volta, fa trapelare la disponibilità a dimettersi per dare vita a un nuovo governo, il famoso Conte-ter. «Giuseppe però farà questa mossa», dice un deputato vicino al capo del governo, «solo e soltanto quando la maggioranza si sarà rafforzata e stabilizzata. Una crisi al buio sarebbe disastrosa per il Paese». Sembra un amo lanciato per placare i malumori del Pd e spingerlo a serrare la fila. «Ma così non è, il proposito è sincero».
Si vedrà.
Alberto Gentili
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino