Il referendum di oggi sul si o no in Ungheria alle quote obbligatorie di profughi in Europa è nato da un calcolo tattico ad uso meramente interno del premier Viktor Orban e,...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
L'Ungheria è fra i falchi più agguerriti contro la politica di migrazione europea nel gruppo di Visegrad che riunisce quattro paesi esteuropei (con Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia). Sapendo che sul no ai profughi c'è consenso, Orban cavalca il tema per rafforzare il suo potere interno e contrastare a destra gli ultranazionalisti di Jobbik che rappresentano una minaccia per il suo partito conservatore Fidesz. Divenuto per le sue sparate autoritarie una specie di Kim Jong-un europeo, Orban (53) è un veterano del potere: è stato premier nel 1998-2002 e di nuovo dal 2010 quando conquistò con Fidesz (Alleanza dei giovani democratici) una maggioranza inespugnabile per di due terzi in Parlamento. In passato ha avuto trascorsi di dissidente del regime, e di militanza fra i socialisti: a 26 anni divenne di colpo famoso per avere chiesto in un discorso su Imre Nagy, eroe della rivolta del '56, tenuto a giugno 1989, prima della fine della cortina di ferro, il ritiro delle truppe sovietiche. Oggi, per il suo pugno di ferro sui migranti e in politica interna, Orban è spesso accusato di violazioni dei diritti umani. Il suo partito è nel gruppo dei popolari (Ppe) al Parlamento europeo.
Al referendum i circa otto milioni di aventi diritto dovranno rispondere a una sola, semplice domanda: «Volete che l'Ue imponga anche senza l'avallo del Parlamento (ungherese) l'insediamento di cittadini non ungheresi in Ungheria?». La risposta è scontata: si stima che fino al 90% degli ungheresi diranno no. Il solo dubbio è se sarà raggiunto il quorum del 50%. Fidesz e Jobbik hanno fatto campagna per il no, l'opposizione di sinistra, che però è estremamente malconcia, ha invitato ad astenersi. In ogni caso, secondo i commentatori, per Orban sarà un successo politico. Anche se non venisse raggiunto il quorum, la stragrande maggioranza dei votanti voterà per il no, ovvero fino al 45% dell'elettorato complessivo. Dato che Fidesz è adesso attorno al 33%, per Orban significherebbe comunque la conquista di un'altra bella fetta di elettori, scippati agli altri partiti.
La carta dei profughi è stata per lui una manna. È cominciato tutto a inizio 2015 con l'arrivo in massa di kosovari, che in realtà non volevano restare in Ungheria ma tirare dritto in Germania. È partita così la campagna anti-stranieri che rubano il lavoro agli ungheresi. Poi, quando Berlino ha cominciato a rispedire indietro i kosovari, gli arrivi si sono fermati e la campagna xenofoba è proseguita sfiorando il ridicolo. Dopo però è cominciato il flusso dai Balcani (Afghanistan, Siria, Iraq): a giugno Orban ha cominciato a costruire la barriera lungo il confine con la Serbia e ad agosto è scoppiata la vera emergenza con le immagini terrificanti di profughi ammassati alla stazione di Keleti a Budapest e poi la decisione della Merkel di aprire le frontiere tedesche.
© riproduzione riservata Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino