IL PERSONAGGIO ROMA Erano un ticket e tale restano. L'accordo politico tra Lega

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IL PERSONAGGIO
ROMA Erano un ticket e tale restano. L'accordo politico tra Lega e Movimento Cinque Stelle continua a prevedere che alla guida del ministero dell'Economia vada l'economista eurocritico Paolo Savona. Restano i dubbi del Quirinale, che sull'Europa ieri ha imposto allo stesso Conte di porre dei paletti ben precisi sull'europeismo del prossimo governo. Al Colle sono consapevoli che Di Maio e Salvini proveranno di tutto per portare Savona a via XX settembre. Il punto è che non è passato inosservato, e anzi è stato vissuto con un certo fastidio, il comunicato con cui lo stesso ex ministro dell'industria del governo Ciampi, ha informato delle sue dimissioni da presidente del fondo Euklid. Una decisione che è stata volutamente legata ai futuri impegni pubblici che il professore starebbe per assumere in Italia. Nella nota del fondo di investimenti è stato messo nero su bianco che «il presidente Paolo Savona ha chiesto di essere sollevato dall'incarico di presidente della società a Londra, di co-direttore di Euklid Fund Sarl e di manager della Euklid Feeder Fund S.A. Sicav in Lussemburgo per sopravvenuti importanti impegni pubblici in Italia». Insomma, un tentativo, secondo i tecnici del Colle, di forzare la mano al Capo dello Stato affinché accelerasse la procedura di incarico al premier designato. Uno sgarbo che avrebbe accentuato lo scetticismo nei confronti della candidatura del professore, che già nelle ore precedenti aveva suggerito prudenza. Mercoledì, infatti, erano circolate voci di un piano concepito da Savona per una rapida uscita dall'euro non appena fosse stato nominato ministro. In realtà, si sarebbe trattato di illazioni fatte circolare ad arte per minare la sua posizione agli occhi del Colle, approfittando della connotazione fortemente euroscettica che da anni l'ex ministro professa. Tanto che ieri mattina, prima della diffusione della nota di Euklid, il suo nome veniva dato per certo nella nascente formazione di governo come ministro dell'Economia.

Che cosa abbia indotto Savona ad anticipare così maldestramente le dimissioni dal fondo inglese non è chiaro. Per chi lo conosce viene infatti difficile credere che la scelta sia stata frutto di una forzatura, rispettoso com'è delle istituzioni avendole rappresentate con vari incarichi nel passato. Tuttavia, una sua dichiarazione riportata dall'Avvenire ieri mattina («Resto in silenzio, in attesa delle scelte. A non volermi, semmai, è l'establishment che mi accusa di dare copertura al populismo, frutto invece dei loro comportamenti») potrebbe spiegare il gesto di impazienza. Ma a quale establishment si riferiva Savona? Poichè anche ieri per tutta la giornata non ha risposto alle telefonate dei giornalisti, possiamo solo supporre che alludesse ad ambienti della Banca d'Italia, essendosi in passato scontrato con i vertici di Via Nazionale relativamente alla vicenda del fallimento di Banca Tercas.
LA EXIT STRATEGY

Intanto i Cinquestelle, che pure appoggiano la scelta di Savona, avrebbero a loro volta spinto in direzione di questa soluzione. Proponendo anche una exit strategy accettabile per il professore: affidargli l'incarico di sottosegretario alle Politiche comunitarie, l'incarico che nell'ultimo governo è stato di Sandro Gozi. Una soluzione di compromesso che però sarebbe stata respinta con perdite da Salvini. Che nella serata di ieri ha rilanciato con forza il nome di Savona. «La figura, lo spessore, l'onestà e la pulizia del professor Savona», ha detto Salvini uscendo dalla Camera, «sarebbero una garanzia per 60 milioni di italiani che finalmente avrebbero forse qualcuno che tratta, non che impone, ma che tratta, in Europa. Con il principio però», ha aggiunto, «che l'interesse nazionale italiano viene prima».
Andrea Bassi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino