Il nostro cervello è erede di tempi lontani, quando vivevamo da cacciatori

Il nostro cervello è erede di tempi lontani, quando vivevamo da cacciatori
Il nostro cervello è erede di tempi lontani, quando vivevamo da cacciatori raccoglitori. Uscivamo dalla nostra caverna o casa su palafitte e andavamo a caccia e a raccogliere...

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Il nostro cervello è erede di tempi lontani, quando vivevamo da cacciatori raccoglitori. Uscivamo dalla nostra caverna o casa su palafitte e andavamo a caccia e a raccogliere frutti e molluschi. La sera si tornava per cibare il nostro clan. Lì finalmente ci sentivamo al sicuro e, rispetto al resto della nostra pericolosissima esistenza, lo eravamo se non altro di più. La vita era corta, precaria, ma avevamo paure giuste. Per lo più temevamo i pericoli veri e ci sentivamo sicuri là dove eravamo oggettivamente meno vulnerabili. Questo dipendeva dal fatto che era una vita semplice, e che ci ricordavamo i posti o le situazioni dove avevamo corso grossi rischi. Negli ultimi secoli l'architettura del nostro cervello è sempre quella, ma tutto il resto è cambiato. Però è rimasto il criterio antico: se crediamo di conoscere bene una cosa, non ne abbiamo paura.

L'auto, per molti che viaggiano spesso, diventa quasi un prolungamento, un'estensione della casa, sia se usiamo l'auto per lavoro sia per andare a spasso. Di conseguenza la sicurezza dell'abitazione si trasferisce a quella casa in miniatura che è l'auto. E ci si sente sicuri soprattutto da giovani, quando si hanno poche esperienze negative. Poi, invecchiando, le cose cambiano leggermente e la percezione di sicurezza diminuisce. E tuttavia, anche allora, il senso di sicurezza non diminuisce abbastanza perché l'auto è il luogo più pericoloso per l'italiano medio (non quello che si droga, per intendersi). Per accorgersene dovremmo confrontare le nostre esperienze con dei dati statistici che non ci riguardano personalmente ma concernono le condizioni di vita abituali di quelli che vivono come noi nel Nord Est in mezzo alle auto, quando le guidiamo o quando ci troviamo tra di loro passeggiando, andando in bicicletta o in motorino (massimo pericolo perché statisticamente più vulnerabile delle auto). Non ci viene spontaneo confrontare esperienze di vita con impersonali statistiche. Pensiamo così di essere poco vulnerabili in situazioni che in realtà sono pericolose. Questo spiega come mai il senso di familiarità e sicurezza prevalga spesso sulla razionalità. Abbiamo paura dei vaccini, senza conoscere i dati e diffidando di chi sa veramente. Abbiamo i risparmi investiti in case che non sono la prima abitazione, e il loro valore continua a scendere da un decennio. Teniamo in banca molti soldi liquidi, motivo: Non si sa mai!. Vogliamo essere pronti perché potrebbe succedere un guaio imprevedibile, e così confidiamo di essere al sicuro anche se non siamo assicurati. Temiamo gli estranei, eppure la maggioranza di omicidi e violenze nelle case e nelle auto sicure è opera di conoscenti e familiari di cui ci fidiamo ciecamente, proprio nel senso che siamo ciechi ai pericoli e alla Ragione.
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Il Gazzettino