Il nome dato alla chat: Alla faccia di chi studia

Il nome dato alla chat: Alla faccia di chi studia
Tentare di passare un esame all'università copiando è molto grave. A...

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Tentare di passare un esame all'università copiando è molto grave. A pensarla così è stato il Gip Cristina Cavaggion ...perchè il fatto è tutt'altro che banale e tanto non è recepito da chi studia.... Giudice, che si è opposta all'archiviazione chiesta dal sostituto procuratore Marco Peraro, motivata con il fatto che i tre giovani sono incensurati, ma soprattutto perchè l'accaduto è di speciale tenuità. Così il Gip, su richiesta anche degli avvocati dell'Università di Padova, ha chiesto l'imputazione coatta per tre studenti vicentini. Era il maggio dell'anno scorso quando alla facoltà di Legge, una ragazza di 25 anni era sicura di poter passare indenne il delicato esame di Procedura civile. Aveva trovato il modo di farsi suggerire, in cambio di 50 euro, le risposte da due amici attraverso un sofisticato sistema di collegamento durante l'esame. Dopo essere stata scoperta è stata denunciata per alterazione d'esame, reato contemplato dalla legge sul plagio. E ha procurato un sacco di grattacapi anche ai due suggeritori, denunciati per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico, truffa e violazione della stessa legge sul plagio. Venerdì 13 maggio dell'anno scorso gli agenti della Squadra mobile si sono presentati all'esame di Procedura civile. Hanno risposto all'appello e hanno seguito la studentessa prendendo posto nei banchi vicini al suo. Alla fine dell'esame l'hanno avvicinata, si sono qualificati e le hanno sventolato sotto al naso il decreto di perquisizione. La studentessa ha capito di essere finita in trappola. Ha consegnato spontaneamente il minuscolo auricolare a pallino, senza cavo, che teneva nascosto tra i capelli vicino all'orecchio, un ricevitore Bluetooth a induzione agganciato ad una collana, e un telefonino nascosto sotto ai vestiti. Un sofisticato kit che le consentiva di ottenere in tempo reale le risposte ai quesiti d'esame, grazie agli amici collegati dall'appartamento della ragazza, in pieno centro, a poca distanza dall'aula. La soffiata alla polizia era arrivata non da alcuni studenti e da un docente di Giurisprudenza a Treviso, dove un paio di giorni prima era accaduto un fatto analogo. I tre, che ora hanno cambiato sede universitaria, avevano anche formato la chat su WhatsApp dal nome Alla faccia di chi studia.

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Il Gazzettino