IL MOVIMENTO ROMA «Ma davvero ci possiamo fidare ancora di Salvini? E perché

IL MOVIMENTO ROMA «Ma davvero ci possiamo fidare ancora di Salvini? E perché
IL MOVIMENTOROMA «Ma davvero ci possiamo fidare ancora di Salvini? E perché allora non ha ritirato la mozione di sfiducia a Conte?». Dopo il dibattito in Senato nel Movimento 5...

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IL MOVIMENTO
ROMA «Ma davvero ci possiamo fidare ancora di Salvini? E perché allora non ha ritirato la mozione di sfiducia a Conte?». Dopo il dibattito in Senato nel Movimento 5 Stelle vince la corrente del disorientamento, certo, ma la mossa a sorpresa del vicepremier leghista che si è detto pronto a votare il taglio dei parlamentari prima di andare ad elezioni, non ha spostato di un millimetro la parte dei grillini favorevole a una nuova maggioranza, al dialogo con il Pd. Non è piaciuto neppure il colpo a sorpresa, visto che tutti si aspettavano il ritiro dei ministri da parte di Salvini che non c'è stato. Vero, quando il leghista ha annunciato che è pronto a votare il taglio dei parlamentari dai banchi dei grillini sono scattati gli applausi; vero, la mossa più tattica che strategica rischia di dividere i 5Stelle. E nel Movimento raccontano di un Di Maio pronto a trattare, ad accettare un Conte bis, a tendere la mano a Salvini che sembra tornare sui suoi passi. Di Maio: «Siamo alla mossa della disperazione. Vedere Salvini dire non possiamo tagliare i parlamentari e poi cambiare idea li porta in un cul de sac: se votano la sfiducia a Conte non possono tagliarli, se vogliono tagliarli non possono votare la sfiducia a Conte». Al di là della frase colorata e fintamente aggressiva, non gli dispiace l'idea di proseguire il rapporto con Salvini varando un Conte Bis. Bisogna capire se questo è l'orientamento di tutto il Movimento.

AMICI
Dopo l'editto di Milano Marittima, con Salvini che toglie la corrente al governo, tutto può proseguire come prima? Perfino Di Maio, che si sta trovando in difficoltà nel seguire i vorticosi passi della danza leghista, si concede un passaggio struggente dopo il dibattito in Senato in cui il leader leghista ha usato spesso la formula «amici 5 Stelle»: «Per me l'amicizia è una cosa seria, è un valore fondamentale nella vita, straordinario. E soprattutto, i veri amici sono sempre leali...». E più tardi, quasi fosse un fatto personale: «Salvini mi chiama l'amico Luigi Di Maio? D'ora in poi sarà bene chiamarci per nome e cognome e basta». Amici mai, direbbe Venditti. Il capo politico dei 5 Stelle descrive come un successo la disponibilità di Salvini a votare il taglio del numero dei parlamentari: «Ho sentito dire ai leghisti, in un momento di euforia, che taglieranno anche gli stipendi dei parlamentari. È giusto però che i cittadini sappiano che una proposta in tal senso già c'era, è nostra e la Lega l'ha bloccata per un anno. Solo uno stupido però non cambia mai idea. Si può cambiare idea una e, come in questo caso, anche due volte, per carità. Abbiamo fatto 30, facciamo 31. Tagliamo 345 parlamentari e contestualmente dimezziamo anche gli stipendi di deputati e senatori». Bum. Ma al di là dei post su Facebook, la frase chiave della diffidenza del Movimento 5 Stelle è quella del presidente del gruppo grillino, Stefano Patuanelli, che in aula ha parlato dopo il leader leghista: «La proposta della Lega di votare in quarta lettura il taglio dei parlamentari è praticabile solo se non viene votata la sfiducia al governo. Quindi mi aspetto che la Lega ritiri la mozione». Salvini però, davanti alle telecamere al termine del dibattito in Senato, ha replicato così a questa richiesta: «Non siamo al mercato». Una risposta che ha aumentato il fronte dei diffidenti. E poi nel Movimento c'è la solita corrente dei perfidi: «Luigi vuole il Conte Bis perché sa che non ci sarebbe un posto per lui in un esecutivo con il Pd».
LA SALITA

Gli ostacoli per un governo sostenuto dai grillini con il Pd e Leu sono enormi. L'altro giorno, nella riunione congiunta dei gruppi di Senato e Camera, più di un esponente ha spiegato che anche con il Pd resterebbe fermo il no alla Tav. Anche se è un percorso in salita e pieno di trappole, però nel Movimento ancora c'è chi ritiene che un tentativo vada fatto. Prima del dibattito in aula, nei cortili di Palazzo Madama, il senatore di Frascati, Emanuele Dessì, rifletteva a voce alta ed era buon profeta: «Qui ogni giorno ce n'è una, come si fa a dire come andrà a finire?».
Mauro Evangelisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino