Il governo prende tempo l'ipotesi del commissario

Il governo prende tempo l'ipotesi del commissario
IL RETROSCENAROMA Quando Angela Merkel ridacchia in conferenza stampa, il primo ministro italiano che è al suo fianco dovrebbe preoccuparsi. Chiedere a Berlusconi. Scriveva ieri...

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IL RETROSCENA
ROMA Quando Angela Merkel ridacchia in conferenza stampa, il primo ministro italiano che è al suo fianco dovrebbe preoccuparsi. Chiedere a Berlusconi. Scriveva ieri sera l'Ansa: «Sono proprio curiosa di sapere come andrà questo Consiglio dei ministri di domani», ha detto la Merkel «ridacchiando». Su come ne uscirà Giuseppe Conte da una vicenda che ha vieppiù ingarbugliato con l'intervista di ieri al Fatto, non si interroga solo la Merkel, ma anche il Pd che ieri ha prima espresso dubbi con sottosegretario Roberto Morassut, e poi ha solidarizzato con il premier - dopo lungo conclave pomeridiano tra Zingaretti, Franceschini, De Micheli, Gualtieri - pur continuando ad avere fortissime perplessità sulla linea grillina della revoca sposata dal premier.

LA LETTERA
Alle 11 di oggi è convocato un consiglio dei ministri ma solo per un'informativa del ministro De Micheli e di Conte che nessuno vorrebbe ascoltare. I ministri renziani per primi, i quali ieri sera - per aiutare l'ex ministra Lezzi che chiede la conta - promettevano di non partecipare alla riunione «perché se M5S e Pd vogliono la revoca, la possono firmare i due ministri competenti Gualtieri e De Micheli, e poi ci vediamo in aula per il decreto sul commissario». Ma se Iv è nettamente contraria alla revoca e spinge per l'ingresso di capitale pubblico in Aspi, anche il Pd ha i suoi dubbi malgrado l'efficacia che avrebbe un provvedimento di revoca sul numeroso elettorato della sinistra-sinistra che tornerebbe a votare Pd. Conte, premier e avvocato del popolo, è ben consapevole dei rischi legali e gestionali, ma ha bisogno di dimostrare che non è sua la responsabilità della «palude» nella quale è da settimane il governo, bensì dei partiti che lo sorreggono. Incluso il Pd che nei giorni scorsi lo ha accusato di non decidere su tutta una serie di questioni, compresa Autostrade.
Invece Conte, malgrado non abbia un piano alternativo al post-revoca, vuole mostrare di essere un decisionista e sfida il Pd, con i suoi due ministri, a firmare il decreto interministeriale di revoca. Ma la strada è in salita. I dem non vogliono, ma il conto alla rovescia sta per scadere e Conte deve dimostrare di non aver fatto crollare invano i titoli di autostrade. Il governo deve prepararsi a prendere una decisione. Se nulla di nuovo accadrà, se dai consigli di amministrazione di Autostrade per l'Italia e della controllante Atlantia, convocati per oggi, non emergeranno conigli dal cilindro per migliorare ulteriormente l'offerta consegnata al governo e che prevede 3,4 miliardi di risarcimenti, tariffe più basse, e la disponibilità di Atlantia a diluirsi in Autostrade dotto il 50%, fin massimo al 37%, per Palazzo Chigi, come ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, non resterà che attivare la revoca della concessione. O perdere la faccia. Il governo avrebbe messo giù anche un piano per riprendere le redini delle autostrade italiane senza creare il caos nella società, ai caselli e tra i 7 mila lavoratori del gruppo. E anche per evitare il default da 19 miliardi di euro che colpirebbe pesantemente anche la Cassa depositi e prestiti con i risparmiatori delle Poste, che ha prestato 3,1 miliardi di euro ad Atlantia ed Autostrade. L'ipotesi è quella che alla guida del gruppo arrivi un commissario governativo. Autostrade, insomma, diventerebbe una nuova Ilva o una nuova Alitalia. Questo permetterebbe alla società di continuare a vivere e ad operare, senza nessuna interruzione del servizio autostradale. Sarebbe compito del commissario traghettare Autostrade verso i nuovi soci che entrerebbero, probabilmente, a valle di una gara per la riassegnazione della concessione.

Andrea Bassi
Marco Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino