ROMA - Nel giro di ventiquattro ore due ministri finiscono sul banco degli imputati: non si placano infatti le polemiche che riguardano il ministro del Lavoro Giuliano Poletti per...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Vale molto il sapere - ha cercato di spiegare il ministro ancora ieri - e vale molto l'essere. Vale molto studiare imparare e conoscere e vale altrettanto avere una buona relazione con la collettività». Insomma, «il calcetto è - dice ancora - la metafora delle relazioni sociali».
Spiegazioni che però non sono sufficienti a spegnere le polemiche in Parlamento, dove M5S, Lega, Sinistra Italiana ma anche Raffaele Fitto e Giorgia Meloni arrivano a chiedere le dimissioni. «Poletti è uno sciagurato», attacca il leader del Carroccio Matteo Salvini mentre i suoi senatori inscenano una protesta in Aula con tanto di cartelli e palla di gomma da consegnare al ministro «pallone gonfiato». Agguerriti anche i grillini: «Le parole di Poletti sono vergognose e inqualificabili. Un personaggio maestro di gaffe - accusa il capogruppo 5stelle alla Camera Vincenzo Caso - è inadeguato a svolgere il ruolo di ministro del Lavoro». «C'è poco da ridere», osserva anche la presidente della Camera Laura Boldrini, «in un Paese dove la disoccupazione giovanile è al 40 per cento. Poletti prenderà le sue decisioni ma sicuramente l'ironia è poco opportuna per l'incarico importante che ricopre», aggiunge. E chi fra gli altri partiti non arriva a chiedere al titolare del Welfare di lasciare la poltrona non risparmia comunque critiche. Forza Italia coglie l'occasione per attaccare il merito delle politiche sul lavoro e anche gli ex Pd come Enrico Rossi manifestano tutto il loro dissenso. «L'invito ammiccante del ministro è il segno di un degrado che avanza, che si accetta e persino si giustifica», scrive infatti il presidente della Regione Toscana (ora Mdp) su Facebook. In casa dei democratici si sceglie invece il silenzio: l'unico a parlare è Andrea Orlando che si limita a definire «fraintendibile» quanto detto dal collega di governo.
Di tutt'altro tenore, e meno al centro del dibattito politico forse in attesa di capirne meglio i contorni, la questione che riguarda la ministra Madia. L'accusa è di plagio, simile a quella rivolta ad alcuni titolari di governo tedeschi e che in alcuni casi ha portato anche alle dimissioni dei personaggi coinvolti. La responsabile della dicastero della P.a. - secondo quanto riporta il Fatto quotidiano - avrebbe copiato una parte della tesi di dottorato senza utilizzare le corrette citazioni, rendendosi così colpevole di plagio. «Dei tedeschi ammiro la serietà istituzionale - twitta il cinquestelle Danilo Toninelli -. Se non chiarisce, Madia dovrebbe fare lo stesso». La ministra smentisce: nessuna anomalia, le fonti e gli autori sono stati citati.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino