IL FOCUS VENEZIA Nel giorno in cui è tornato giallo, con minori restrizioni

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IL FOCUS
VENEZIA Nel giorno in cui è tornato giallo, con minori restrizioni e maggiori aperture, ma soprattutto con una situazione ospedaliera che non vede più i reparti di terapia intensiva in sofferenza, il Veneto scopre di avere in casa una delle più pericolose mutazioni del Covid-19: la variante indiana. I primi due casi sono stati registrati nel Vicentino, si tratta di padre e figlia, quest'ultima maggiorenne, indiani, che sono rientrati in Italia e ora sono in isolamento fiduciario nella propria abitazione. E ci sono altri due casi sospetti nel Veneziano, con la pista epidemiologica che porterebbe a un contatto con il Bangladesh. Nel Lazio preoccupano possibili arrivi dall'India: sotto la lente la comunità sikh che vive nel territorio di Latina.

LA SCOPERTA
È stato il presidente del Veneto, Luca Zaia, ad annunciare che a Bassano (Vicenza) sono stati scoperti i primi due casi di pazienti positivi alla variante indiana del coronavirus. Si tratta di un uomo e di sua figlia: appena rientrati in Italia dal Paese asiatico, a metà aprile, avevano segnalato spontaneamente all'Ulss 7 Pedemontana il loro viaggio e si erano posti in isolamento domiciliare preventivo, come previsto dalle direttive sanitarie italiane. Il tampone, sequenziato dall'Istituto Zooprofilattico delle Venezie diretto da Antonia Ricci, non ha lasciato dubbi. Ora i due pazienti sono in quarantena a casa, insieme al resto del nucleo familiare, e presentano solo sintomi lievi. «Va riconosciuto ai due di avere seguito in modo molto scrupoloso le regole - ha detto il direttore generale dell'Ulss 7, Carlo Bramezza - e questo sicuramente ha consentito di ridurre la possibilità di un'ulteriore diffusione del virus in questa variante».
È invece in corso la valutazione su altre due persone, residenti nel veneziano, non si sa se italiane o immigrate: per loro, ha spiegato la dottoressa Ricci, i primi accertamenti hanno mostrato la presenza di almeno una variante nel virus, che potrebbe essere quella indiana, ma bisognerà sequenziarne tutto il genoma per arrivare ad una risposta certa. In questo caso la pista epidemiologica porterebbe a un contatto con il Bangladesh. Va ricordato che lo Zooprofilattico aveva sequenziato, alla vigilia di Natale, i primi casi di variante inglese nella regione. «Dall'inizio di quest'anno - ha detto la direttrice Ricci - abbiamo svolto un'attività di sequenziamento di circa 2.000 virus per le varianti, cui vanno aggiunte 600 sequenziamenti completi del genoma».
I COMMENTI
«Le varianti ormai sono migliaia, e prima o poi arrivano tutte», ha commentato il governatore Luca Zaia. Pessimista il virologo Andrea Crisanti: «Se la variante indiana di Sars-CoV-2 è stata trovata in Veneto, vuol dire che è già ampiamente diffusa anche altrove. Perché il nostro Paese ha una bassissima capacità di sorveglianza. Il problema è che tutte queste nuove varianti rappresentano una minaccia sia alle riaperture che al programma di vaccinazione». Antonella Viola, immunologa dell'Università di Padova, invita a non lasciarsi prendere dal panico ma ad avere prudenza: «Non ci sono dati che possano farci pensare che sia più trasmissibile o che generi una malattia più severa. È possibile invece che possa ridurre leggermente l'efficacia dei vaccini, come quella sudafricana, ma anche in questo caso servono dati prima di esprimersi».
GLI OSPEDALI

Migliora, intanto, la situazione dei contagi in Veneto (solo 604 nuovi casi nelle ultime 24 ore) e scende la percentuale di nuovi ingressi in terapia intensiva, che ad aprile è intorno al 4,5% sul numero dei nuovi positivi, rispetto al 4,7% di marzo. I dati sono stati forniti dal coordinatore dell'Unità di crisi per l'emergenza coronavirus della Regione Veneto, Paolo Rosi. Ogni 1.000 casi positivi - la media quotidiana in queste settimane - 45 persone entrano in ospedale e 4-5 entrano in terapia intensiva. Il numero complessivo dei ricoverati è sceso di circa un terzo rispetto a un mese fa, perché le uscite sono superiori alle entrate. Gli over 80 sono il 2,5% dei ricoveri in intensiva, in drastico calo rispetto al 10% delle fasi precedenti. Per Rosi «è l'effetto di una vaccinazione parziale. Attendiamo lo stesso risultato per gli over 70, che hanno una mortalità oltre il 60% in intensiva».
Alda Vanzan
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Il Gazzettino