IL FOCUS ROMA Cosa significa un ritardo nella tabella di marcia della vaccinazione

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IL FOCUSROMA Cosa significa un ritardo nella tabella di marcia della vaccinazione a causa della frenata, nelle consegne, di Pfizer? Partiamo dalle percentuali comunicate dal...

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IL FOCUS
ROMA Cosa significa un ritardo nella tabella di marcia della vaccinazione a causa della frenata, nelle consegne, di Pfizer? Partiamo dalle percentuali comunicate dal colosso americano (anche se ieri c'è stata una parziale marcia indietro tutta da confermare): per un mese sarà inviato il 29 per cento in meno di dosi, dunque siamo nell'ordine di 600mila consegne che slittano e 300 mila persone (ultraottantenni) che dovranno aspettare. L'Italia sperava, per metà febbraio, di avere eseguito almeno 3 milioni di iniezioni, invece nella migliore delle ipotesi significa che per quel periodo lì saremo arrivati a 2. Tenendo conto che anche la prima dose riduce i contagi (l'esperienza di Israele ipotizza almeno del 33 per cento), il ritardo nelle operazioni rischia di rinviare a fine aprile il raggiungimento di una significativa percentuale di persone immunizzate con il vaccino che, sommate ai 5 milioni di italiani che probabilmente hanno ancora gli anticorpi perché sono stati contagiati in passato, possano formare un muro che limiti diffusione dei contagi e dei ricoveri. Ovviamente, questo funziona con le attuali misure di contenimento, che comunque ogni giorno valgono 16.000-17.000 contagi, 25-26mila posti occupati in ospedale e 150-170 nuovi ricoveri in terapia intensiva. Oggi già una decina di regioni hanno superato il livello di guardia di saturazione delle rianimazioni, se la vaccinazione rallenta tutto questo andrà avanti più a lungo.

CONSEGUENZE

Conclusione: il mancato rispetto degli impegni da parte di Pfizer rimanderà di almeno un mese una riduzione sostanziale della circolazione del virus e della protezione delle categorie più fragili, gli anziani, che più spesso finiscono in terapia intensiva. Secondo una ricerca di Healthcare Datascience Lab (HD-LAB) della Università Carlo Cattaneo LIUC di Castellanza una degenza media di 23 giorni in terapia intensiva e sub-intensiva comporta una spesa per il sistema sanitario di 22mila euro, in sub intensiva di quasi 20 mila euro. Prolungare l'emergenza e ritardare il raggiungimento di una diminuzione dei ricoveri ha prima di tutto un alto costo di sofferenze (ed è il più importante) ma anche un peso operativo sul sistema sanitario. In media, ogni giorno, entrano in terapia intensiva 150 pazienti che in termini economici comporteranno (nel complesso della loro degenza) un impegno di risorse economiche di 3,3 milioni di euro. Per gli altri reparti, visto che i ricoveri sono più numerosi in area medica, la cifra è anche più alta. A questo si aggiunge un problema sanitario: concentrare gli sforzi degli ospedali sui pazienti Covid (ed è inevitabile farlo visto che ogni giorno, in media, vengono ricoverate 700 persone per Covid) compromette l'assistenza ad altri tipi di patologie, con conseguenze sia sulla salute degli italiani (ripetiamolo sempre, l'elemento più importante) sia sui costi futuri di cui si dovrà fare carico per le cure il servizio sanitario nazionale. E poi, è inutile nasconderselo, c'è il bilancio dei morti che sarà influenzato dal ritardo delle vaccinazioni. Le dosi di Pfizer servono a mettere in sicurezza le persone più anziane, gli ultra ottantenni che, se contagiati da Sars-CoV-2, nel 20 per cento dei casi non ce la fanno. Più ritardiamo la protezione di questa categoria, più aumenterà il bilancio dei decessi (l'età mediana di chi muore, ricordiamolo sempre, è attorno agli 80 anni). Se i decessi proseguono con questo ritmo, prima della primavera conteremo altre 30mila vittime per Covid. Rallentare la vaccinazione non ci aiuterà a ridurre quella cifra.
Mauro Evangelisti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino