IL DISSENSO BELLUNO Ciao Sappada. Nel braccio di ferro tra i desideri di fuga

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IL DISSENSO

BELLUNO Ciao Sappada. Nel braccio di ferro tra i desideri di fuga e l'estremo tentativo di imporre la bellunesitas, il Bard non ha dubbi: si schiera con il Comune che nel 2008 ha scelto di traslocare in Friuli Venezia Giulia. E bacchetta la richiesta della Provincia di una moratoria sul caso Sappada. «Non siamo d'accordo sulle affermazioni del presidente Padrin» dice Alessandra Buzzo, nella duplice veste di presidente Bard e sindaco di Santo Stefano di Cadore. Da amministratore di un piccolo Comune di montagna, può capire perfettamente le motivazioni che hanno spinto i sappadini a cercare la fuga oltre confine. Come capisce le spinte degli altri Comuni referendari bellunesi. Comprensibili i desideri di andarsene da una provincia che soffre. Ma comprensibili anche i motivi che hanno spinto il presidente Padrin a chiedere tempo. Non crede? «La lettera inviata da Padrin al Presidente della Repubblica e alle altre istituzioni è sbagliata, inutile, inopportuna». Ma il presidente di una Provincia ha il dovere di tutelare il territorio che amministra. Se la truppa si assottiglia, anche la forza della Provincia viene meno... «Sì, certo. Capisco le motivazioni del presidente. Ma in questo momento poteva anche evitare di esprimersi sulla questione. Oppure avrebbe potuto, insieme a Sappada, chiedere alle Camere e al Governo nazionali di rispettare le leggi che essi stessi hanno prodotto e la volontà dei cittadini». Eppure, la Provincia di Belluno ha già detto chiaramente qual è la sua posizione: nel marzo 2016 il consiglio di Palazzo Piloni ha deliberato per il rinvio della discussione al Senato. «La delibera del consiglio era arrivata su richiesta del Governo. Risultato: il 21 settembre il Senato, con 168 sì, 1 no e 8 astenuti, ha approvato il ddl che dà il via libera a Sappada. Se la posizione della Provincia prima poteva essere un errore, ora manifesta asservimento. Un inopportuno aiuto al Governo inerte e responsabile di politiche centraliste. I referendum comunali aspettano da 12 anni gli adempimenti dello Stato». Padrin dice che oggi le condizioni sono diverse rispetto a quando sono andati in scena i referendum. Compreso quello di Sappada. «Direi che è quanto meno azzardato dire che ora l'opinione dei cittadini è diversa: significa fare ipotesi senza verifiche». C'è una differenza di fondo, però. Oggi c'è in ballo un doppio referendum, per dare «maggiori forme di autonomia» al Veneto e alla Provincia di Belluno. Quindi ci sono chance per tutti i Comuni bellunesi. O no? «I referendum rappresentano un'opportunità storica. E difatti il Bard è pesantemente impegnato nel referendum provinciale del 22 ottobre. Attenzione però: se si intende utilizzarlo per colpire i Comuni referendari, il Bard ritirerà immediatamente il proprio sostegno». Crede che ci possa questo rischio? «Credo che ostacolare i referendum comunali proponendone uno consultivo, i cui effetti dipendono da un'incerta trattativa tra Stato e Regione, erode la credibilità del referendum provinciale». Secondo lei il referendum provinciale ha qualche valore? «È giusto impegnarci per una vittoria del sì al referendum, ma è ingannevole dire che Stato e Regione attueranno le leggi che violano da anni. Serviranno forza, coesione, tenacia, impegno. Ovvero le virtù che a Sappada praticano». Cosa vuole dire a Padrin? «Dico solo questo: invitare la Camera a rinviare una decisione che avrebbe dovuto esprimere 10 anni fa è, a fine legislatura, solo un sostegno inopportuno al Governo che non vuole che gli enti locali ottengano il riconoscimento dei loro diritti costituzionali».

Damiano Tormen
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Il Gazzettino