IL CONCERTO «Ciao Lucca, ciao Toscana, ciao Italia. Come state tutti? Questa

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IL CONCERTO«Ciao Lucca, ciao Toscana, ciao Italia. Come state tutti? Questa è la prima volta che suoniamo in Toscana». Mick Jagger, dopo le prime due canzoni, saluta in un buon...

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IL CONCERTO
«Ciao Lucca, ciao Toscana, ciao Italia. Come state tutti? Questa è la prima volta che suoniamo in Toscana». Mick Jagger, dopo le prime due canzoni, saluta in un buon italiano il pubblico di Lucca, unica data del No Filter Tour. Un boato da quasi 60 mila ugole ha dato il via alle 21.15 al concerto evento dei Rolling Stones a Lucca, sotto le mura storiche della città toscana. Tra immagini rosso fuoco e fumogeni, il primo a salire sul palco è stato Mick Jagger, in giacca dorata, sulle note dell'intramontabile Sympathy for the Devil.

Una Woodstock in miniatura, cialtrona ma non troppo a ridosso delle mura cinquecentesche. Piccoli accampamenti, pennichelle sui teli colorati, schitarrate improvvisate o veri e propri concertini messi in piedi con due amplificatori da chi magari non è riuscito ad accaparrarsi il biglietto per il concerto dell'anno, ma voleva comunque esserci mettendoci del suo. E una placida fiumana di persone che dai parcheggi dell'immediata periferia e dalla stazione, da mattina a sera, ha continuato a riversarsi senza sosta in città.
WOODSTOCK LUCCHESE
È così che appare il piccolo scrigno rinascimentale di Lucca, nel giorno X del concertone degli Stones. «Guarda lì: sembra davvero d'essere a Woodstock» , borbotta un anziano ad un altro, fauna locale, affacciati nel pomeriggio sopra le mura a scrutare la transumanza. «Macché - scuote il capo l'altro - là eran mezzo milione, durò 3 giorni ed era l'America degli anni 60. Qua son 60mila, stanotte vanno via e siamo a Lucca nel 2017». E beh, effettivamente non è proprio la stessa cosa; ci sono anche famiglie, bambini, a fronte di una maggioranza di 30-50enni. Tutto molto, molto tranquillo. Pure troppo per Marco, che per Mick e Co. si è fatto una tirata impossibile di ore e ore filate fin da Macerata; capello lungo e barba incolta, Rayban specchiato un po' ammaccato, la maglietta strappata con il grugno tagliente di Richard (e l'immancabile cicca in bocca) spiega il suo credo più di mille parole: Keith for president. «Va bene gli Stones stasera, ok; ma qua non sta succedendo nulla, voglio dire; nulla di selvaggio. Non dovrebbero essere più wild' i concerti dei Rolling?».
ANCHE CAMUSSO

Un tempo, forse, era così. Ora tra i fan fa capolino anche la compassata Susanna Camusso, leader della Cgil, e pure il principe Emanuele Filiberto in tribuna vip, pare. Di certo l'occhialuta Veronica, durante la settimana ricercatrice all'Accademia della Crusca di Firenze, nel weekend rocker, è troppo emozionata per porsi una domanda del genere. «Questo è un live storico, potrebbe essere l'ultima volta che vengono in Italia»..., sospira, scendendo dal treno. «Vabbè», fa spallucce la sua amica Claudia, tattoo sulle braccia e frangetta nera anni 50. «Doveva essere l'ultima anche a Roma tre anni fa... Ma chi li ammazza quelli». E già, la famosa storia dei nonni del rock, del patto di Jagger Richard col diavolo, che oggi corre mille volte sulle nocche dei fan in attesa dei beniamini settantacinquenni o quasi. Old Marta, rockettara italo britannica, da tanto tempo residente in Toscana, di anni ne ha 74, «proprio come Mick e Keith». Fan delle Pietre rotolanti da una vita, rivela di averli visti parecchie volte, «almeno una decina, probabilmente di più», conta, sorridendo. «Ma stavolta non me li potevo davvero perdere: potrebbe essere davvero l'ultima volta. Se non per loro - va di giù di black humour - magari per me».
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Il Gazzettino