IL CASO PORDENONE Non si procedere per l'occupazione dei parcheggi del Bronx,

IL CASO PORDENONE Non si procedere per l'occupazione dei parcheggi del Bronx,
IL CASOPORDENONE Non si procedere per l'occupazione dei parcheggi del Bronx, secondo l'accusa trasformati nella primavera 2017 in bivacchi per 69 profughi senzatetto. Non ci sarà...

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IL CASO
PORDENONE Non si procedere per l'occupazione dei parcheggi del Bronx, secondo l'accusa trasformati nella primavera 2017 in bivacchi per 69 profughi senzatetto. Non ci sarà un'istruttoria dibattimentale, affrontando le questioni preliminari il giudice Alberto Rossi già ha manifestato la sua decisione emettendo una sentenza di non doversi procedere per tenuità del fatto. Il processo è stato anticipato da un pacifico sit in che, tra le 11 e le 12, ha richiamato davanti al Tribunale una cinquantina di persone tra attivisti di Rete solidale e semplici cittadini che all'epoca dei fatti avevano contribuito con medicinali, coperte e cibi caldi. Per questo in tanti avevano una coperta sulle spalle o mostravano un cartello con la scritta #ceroanchio.

GLI IMPUTATI
Erano stati citati a giudizio nove profughi (due afghani, un nigeriano e sei pakistani) che erano stati esclusi dal progetto di accoglienza e tre attiviste di Rete solidale: le pordenonesi Elisabetta Michielin, Luigina Perosa e Gabriella Loebau, tutte difese dall'avvocato Laura Ferretti e che hanno deciso di andare al processo per non «lasciare soli gli immigrati». «Eravamo in una situazione di necessità superiore al reato - ha detto Michielin durante la manifestazione e prima di conoscere l'esito del processo - se il giudice deciderà in questo senso sarà un atto di giustizia».
LA VICENDA
A ripercorrere le tappe è stata Luigina Perosa. Tutto è cominciato nel 2014, quando la rotta balcanica ha portato a Pordenone i primi profughi. «Era Capodanno - ha detto - nessuno si è accorto di quello che stava succedendo». Sono seguiti i mesi di accoglienza con l'associazione immigrati («Un water e una doccia per 67 persone»), lo sgombero e le tende nel parco di San Valentino. Dopo due mesi nuovo sgombero e altri bivacchi davanti alla chiesa di viale della Libertà, alla sede di Rifondazione comunista e agli oratori. Non sono mai state sole le volontarie di Rete solidale, perché la città non è rimasta indifferente alla marea di disperati che cercavano un futuro. Anzi, ha reagito portando coperte, bevande calde e medicinali. Nella primavera 2017 l'emergenza si è spostata al Bronx con lo stesso copione.
IL PARCHEGGIO
«Nel Bronx - ha spiegato Perosa - è stato un esercizio di democrazia, abbiamo cercato di dare delle regole e di insegnare a queste persone a fare la differenziata. Uno degli stalli occupati era stato affittato dall'Inail a una signora, da lì è partita la denuncia e lo sgombero». Dei 69 immigrati, i 60 che avevano diritto a entrate nel progetto di accoglienza sono stati portati via in corriera. Gli altri nove sono stati denunciati assieme alle tre attiviste. Ieri i 12 imputati sono diventati una 50ina a colpi di ceroanchio. «Sono mossi dalla stessa indignazione - ha detto Elisabetta Michielin - di vedere tante persone per strada che non venivano soccorse. In particolare c'era una situazione terribile da parte dell'amministrazione comunale che mandava ogni notte gli steward». La speranza di Luigina Perosa era che il giudice si rendesse conto - come è successo a Udine con Ospiti in arrivo - dello stato di necessità. «Non farli dormire sotto la pioggia - ha rimarcato - è un valore superiore rispetto all'occupazione di uno stallo».

Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino