IL CASOPORDENONE Ha rinunciato al mandato affinchè Giuseppe Mario Forciniti potesse avere una difesa «lucida e scevra da ogni pregiudizio». L'avvocato Rosanna Rovere, una...
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PORDENONE Ha rinunciato al mandato affinchè Giuseppe Mario Forciniti potesse avere una difesa «lucida e scevra da ogni pregiudizio». L'avvocato Rosanna Rovere, una carriera spesa a tutela dei diritti delle donne, spiegando ai media il motivo della sua decisione ha scatenato la dura reazione dei colleghi penalisti. Immediata la presa di posizione. E non soltanto a Pordenone, dove ieri si è riunita la Camera penale per discutere sul caso. Al termine il presidente Roberto Lombardini ha inviato una lettera ai giornali. «Il ministero del difensore di fiducia in un procedimento penale impone all'avvocato difensore obblighi di riservatezza e segretezza - si legge - e, sopra tutto, di tutela e difesa del proprio assistito, che di per sé mal si conciliano con esternazioni pubbliche e mediatiche circa le ragioni di una rinuncia al mandato e su quanto l'avvocato avrebbe riferito in merito al proprio assistito». Prosegue ricordando che «un avvocato penalista è assolutamente libero di rinunciare a un incarico, ma rendere pubbliche le ragioni che giustificano la rinuncia, ideologiche o di convincimento civile o politico o personale che siano, oltre a non coniugarsi con i doveri di segretezza e riservatezza e di difesa dell'indagato, potrebbero indurre in chi legge il convincimento che l'avvocato che difenda un indagato o imputato di gravi reati sia moralmente meno apprezzabile del difensore che rifiuti o rinunci alla difesa in ragione del reato o della vittima».
Il direttivo ricorda che il penalista quando «accetta di difendere una persona (e difendere una persona non significa difendere il reato) lo fa senza giudicare». Si è fatto sentire anche il Consiglio dei presidenti delle Unione delle camere penali del Veneto: «Il difensore, soprattutto quando assiste persone accusate di crimini ripugnanti, viene malamente identificato con il suo assistito, come se la tutela del diritto costituzionale di difesa divenisse difesa delle azioni contestate». Aggiunge che il diritto di difesa va «riconosciuto a tutti, indistintamente, gli accusati di ogni reato, anche il più bieco e ripugnante».
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Il Gazzettino