IL CASO PEDAVENA Un'altra anziana ospite della padre Kolbe deceduta, Armida Tieppo,

IL CASO PEDAVENA Un'altra anziana ospite della padre Kolbe deceduta, Armida Tieppo,
IL CASOPEDAVENA Un'altra anziana ospite della padre Kolbe deceduta, Armida Tieppo, vedova Prigol di Celarda, Feltre: aveva 93 anni. Un'altra giornata nera nella struttura che sta...

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IL CASO
PEDAVENA Un'altra anziana ospite della padre Kolbe deceduta, Armida Tieppo, vedova Prigol di Celarda, Feltre: aveva 93 anni. Un'altra giornata nera nella struttura che sta diventando il focolaio e la vera emergenza in provincia, dopo gli allarmi che c'erano stati nelle case di riposo di Puos d'Alpago, Santa Croce del Lago e Mel. In meno di una settimana i contagi tra i residenti del comune di Pedavena hanno superato quota 50, con decine di nuovi positivi. Questo è l'unica cifra che è disponibile. Non c'è il numero esatto dei contagi nella struttura e dei decessi (che da un calcolo basato sulle morti trapelate in questi giorni potrebbero essere almeno 4), perché anche ieri, nonostante le ripetute telefonate e messaggi è stato impossibile parlare con la direttrice Roberta Bortoluz o con il sindaco Nicola Castellaz. Di sicuro la situazione nella struttura di via è critica e ieri i residenti alla vista del viavai di ambulanze hanno temuto il peggio. Come sono in apprensione i parenti degli ospiti, che in alcuni casi sono costretti a chiedere su Facebook notizie della situazione all'interno della struttura.

LO SFOGO

Da una settimana la situazione è precipitata. Qualcuno è riuscito a parlare con il proprio caro tramite videochiamata, dopo aver appreso che era positivo. Così anche i parenti di Armida, l'avevano sentita al telefono sabato prima di Pasqua. «Ancora non si sapeva che era positiva - spiega la nuora ed ex infermiera Gabriella Turrin - poi il ricovero a Feltre e infine a Belluno: ieri mattina la notizia che era morta». «Siamo molto arrabbiati - dice Gabriella - è morta sola come un cane, aveva paura. Siamo anche rimasti male, ci aspettavamo che almeno la direttrice ci chiamasse. Invece nulla. È da due mesi che non la potevamo vedere, perché la struttura è stata chiusa alle visite poco dopo metà febbraio, ma non hanno fatto i controlli e i tamponi a chi dentro ci andava per lavoro e così è partito il contagio. È inutile aumentare le rette per fare ascensori scale e chiese, andavano seguiti e invece sono stati abbandonati. E quando abbiamo chiesto perché li facevano mangiare insieme, ci hanno risposto: signora non creiamo allarmismo. Forse se li avessero protetti...».
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Il Gazzettino