IL CASO In un mare di dubbi c'è un punto fisso: l'uomo nudo è un tabù.

IL CASO In un mare di dubbi c'è un punto fisso: l'uomo nudo è un tabù.
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IL CASO
In un mare di dubbi c'è un punto fisso: l'uomo nudo è un tabù. Oggi come ieri. Pochi giorni fa Valentino ha pubblicato su Instagram un'immagine della sua campagna. In posa, in un autoscatto, il modello e fotografo ventisettenne Michael Balley-Gates. Lunghi capelli biondi che scendono sulle spalle, una posa sinuosa da discobolo dell'antica Grecia, ha indosso (per la precisione, sorregge con un piede) solamente una borsa della collezione Roman Stud della casa di moda, il resto del corpo è senza veli. In un attimo è scandalo: sotto la foto fioccano commenti violenti, inorriditi e adirati per la scelta di un mood maschile che di maschile, secondo i detrattori, ha ben poco.

Nella questione deve intervenire anche il direttore creativo della maison, Pierpaolo Piccioli, sottolineando quanto un vecchio adagio già aveva tentato di insegnare, cioè che la malizia è negli occhi di chi guarda. «Il mio compito - ha affermato - è fornire la mia visione della bellezza in base al tempo che stiamo vivendo e ciò che consideriamo bello è un riflesso dei nostri valori. Stiamo assistendo a un grande cambiamento del genere umano. L'evoluzione è possibile se l'uguaglianza è possibile, se l'inclusività è possibile, se i diritti umani sono difesi e se la libertà di espressione è protetta e incentivata. Dobbiamo condannare ogni forma di violenza, odio, discriminazione e razzismo».
L'ANTESIGNANO
Da tempo, del resto, lo stilista si batte per una moda che sia, prima di un modo di vestire, un modo di essere e di esprimersi, liberi e consapevoli delle proprie scelte e delle proprie emozioni, al di là di classificazioni, razze e di una sessualità binaria. Eppure la storia sembra ripetersi. Nel 1971 Yves Saint Laurent posò nudo per la campagna del suo profumo Pour Homme. In seguito, il suo partner di affari e di vita Pierre Bergé affermò che quella foto divenne molto dopo «mitica, ma all'epoca non venne quasi pubblicata, se non da qualche giornale francese». Pudori e raccapriccio accolsero anche un altro profumo della stessa casa, YSL M7, nel 2002. La pubblicità ideata dall'allora direttore creativo Tom Ford mostrava un nudo frontale maschile. Lo stilista americano oggi afferma: «Amo il corpo umano, che sia di donna o uomo. Lavoro per cercare di migliorarlo, quindi spesso mostro una sua buona parte o i suoi contorni e le persone lo equiparano a qualcosa di sessuale, ma non ho alcun problema con la sessualità e coi corpi nudi e non mi spaventano. Nella nostra cultura spogliamo le donne per vendere di tutto, non c'è problema nell'oggettivarle, ma la nudità maschile ci sfida e ci innervosisce».
Quando la rivista Cosmopolitan, nel 1972, provò a rendere il maschio un oggetto, nello specifico l'attore Burt Reynolds nella paginona centrale senza veli, la cosa non fu presa bene. Così come destò scalpore la sfilata di Rick Owens nel 2015 dove era chiaro che i modelli, sotto le loro tuniche primordiali, non indossassero alcun indumento intimo. «L'autoritratto di un ragazzo nudo oggi non dovrebbe in alcun modo rappresentare uno scandalo - interviene Alessandro Dell'Acqua, fondatore e direttore creativo di N21 - Col mio lavoro ho sempre cercato di definire una fisicità che esprima una sensualità intuita, tra pudore e voglia di farsi notare. Mai volgare. Per me è fondamentale dare la possibilità a donne e uomini di rappresentarsi come vogliono essere. E la fisicità esprime un'esigenza come un'altra di comunicare se stessi».
Ma spesso sono le abitudini mentali a non mutare, a dispetto dei cambiamenti nel mondo. «Basti pensare che dall'Ottocento fino al secondo dopoguerra chi possedeva immagini di uomini nudi era passibile di arresto - racconta Leonardo Iuffrida, saggista e autore del volume Il Nudo Maschile nella Fotografia e nella Moda (edizioni Odoya) - Il maschio aveva bisogno del vestito e di un comportamento aggressivo per identificarsi e per ribadire il suo status. Negli anni Ottanta, si è passati dall'esibizione del vestiario a quella di un corpo, sì spogliato, ma coi muscoli scolpiti ben in mostra, che sottolineavano l'appartenenza a un genere pur sempre ritenuto dominante. Adesso che la pubblicità di Valentino cancella tutto questo e mostra come l'uomo possa usare il suo corpo in maniera più fluida, saltano tutti gli ingombranti stereotipi patriarcali».
I SISTEMI SIMBOLICI

«E ciò ad alcuni fa paura e porta a commenti violenti - riassume Riccardo Notte, professore di antropologia all'Accademia di Belle Arti di Brera - Del resto, il corpo è da sempre un campo semantico sul quale si giocano infinite battaglie politiche, culturali e sociali, che mutano a seconda delle culture. L'ambiguità fa sì che i tradizionali sistemi simbolici si trovino a essere in particolare tensione tra loro».
Anna Franco
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Il Gazzettino