I profughi lasciano casa Calò: «Ora sono tutti indipendenti»

I profughi lasciano casa Calò: «Ora sono tutti indipendenti»
INTEGRAZIONETREVISO «Nel 2015 abbiamo aperto le nostre porte: sono stati quattro anni difficili e intensi, ma la nostra storia dimostra che l'accoglienza e l'integrazione si...

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INTEGRAZIONE
TREVISO «Nel 2015 abbiamo aperto le nostre porte: sono stati quattro anni difficili e intensi, ma la nostra storia dimostra che l'accoglienza e l'integrazione si possono fare d'avvero». Senza clamore, con un breve messaggio su Facebook, Antonio Calò ieri ha annunciato di aver tagliato il traguardo e vinto al tempo stesso la sua scommessa: anche l'ultimo dei sei richiedenti asilo ospitati per 4 anni e mezzo nella sua abitazione di Povegliano, dopo un lungo percorso di integrazione terminato con un contratto di lavoro e, di fatto, la possibilità di costruirsi una vita indipendente e un futuro, ha lasciato casa. «Oggi è un giorno speciale per la nostra famiglia - scrive il professore del Canova insignito dal Capo dello Stato Sergio Mattarella dell'onorificenza di ufficiale al merito della Repubblica e nominato nel 2018 Cittadino europeo dell'anno - perchè i nostri figli neri escono da casa Calò. Ciascuno di loro ha trovato una propria casa e un lavoro».

Non è un risultato da poco quello ottenuto dal professor Calò, che ha potuto contare sul costante supporto della moglie Nicoletta Ferrara e dei quattro figli Andrea, Giovanni, Elena e Francesco. «Visto quello che sta succedendo, è stato quasi naturale offrire ospitalità a chi ha bisogno» spiegava nel 2015 a chi, attonito, chiedeva chi glielo facesse fare. Era l'estate dei continui sbarchi in Sicilia, delle carovane di migranti che arrivavano dalla rotta balcanica, della rivolta a Quinto di Treviso e dei profughi lasciati per ore sotto il sole alla stazione dei treni o stipati nei tendoni della Dogana. Era l'estate della piena emergenza. Il professore, grazie al supporto della cooperativa Hilal di Abdallah Khezraji, offrì un modello alternativo, un modello opposto a quello dei grandi centri d'accoglienza, diventando bersaglio di chi lo accusava di farlo per proprio tornaconto. Lui, da convinto cristiano, arrivò addirittura a privarsi dei suoi beni, andando infine ad abitare a casa del parroco di Santa Maria del Sile, avviando un nuovo progetto di comunità pastorale. Come sempre, stando dalla parte degli ultimi.

Quel che resta, ora, è un modello di umanità e di accoglienza, studiato anche all'estero, «che crea posti di lavoro e allarga le comunità» ha sempre ribadito Calò, candidato lo scorso anno alle Europee, tra le fila del Partito Democratico, alle cui elezioni raccolse la bellezza di 32mila preferenze. Voleva portare in Europa la sua esperienza, ma mancò di un soffio l'elezione.
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Il Gazzettino