I PROFESSIONISTI UDINE «Ci si poteva organizzare». È chiaro il

I PROFESSIONISTI UDINE «Ci si poteva organizzare». È chiaro il
I PROFESSIONISTIUDINE «Ci si poteva organizzare». È chiaro il messaggio lanciato dal neo presidente dell'Ordine dei medici di Udine, Gian Luigi Tiberio che ha affiancato come...

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I PROFESSIONISTI
UDINE «Ci si poteva organizzare». È chiaro il messaggio lanciato dal neo presidente dell'Ordine dei medici di Udine, Gian Luigi Tiberio che ha affiancato come vice nell'ultimo mandato triennale il presidente Maurizio Rocco. «Il virus sostiene - ha messo in evidenza tutta la fragilità della medicina del territorio e di quella ospedaliera, troppo lontane e divise per poter collaborare e coordinare i medici e i sanitari. Ne consegue che nei prossimi anni dovranno essere avviate grandi trasformazioni ed è fondamentale che l'ordine venga coinvolto in questo processo, per evitare che subisca passivamente decisioni di terzi che nulla hanno a che vedere con il nostro mondo».

Concretamente quale contributo può dare oggi l'Ordine in questa situazione di emergenza?
«L'Ordine vanta un bagaglio di esperienze e di competenze che possono essere utilizzate dalle Istituzioni per l'attività di coordinamento e di programmazione di tutte le attività sanitarie. Siamo in prima linea ad affrontare l'emergenza, al pari degli altri professionisti della sanità. Tutti stiamo dimostrando di occuparci al massimo per offrire le migliori cure a tutti i cittadini. Siamo un ente sussidiario dello Stato in grado di poter proporre utili suggerimenti sulle aree da potenziare e anche sulle azioni da intraprendere per rafforzare il servizio sanitario regionale anche alla luce dell'impatto che sta subendo a causa del Covid».
Che rapporto auspica con la Regione?
«Auspico un rapporto di dialogo e di collaborazione con la Regione, convinti come siamo che le nostre proposte e le nostre soluzioni possono entrare a far parte di decisioni condivise per il bene supremo dei cittadini. Mai come in questa fase storica, da quando cioè il Covid ha fatto ingresso nelle nostre vite, il diritto alle cure e il diritto alla salute rappresentano i caposaldi dell'assistenza sanitaria. Vogliamo dare il nostro contributo per aiutare a migliorare la situazione».
La situazione, è sotto gli occhi di tutti, rivela grandi falle. Si potevano prevenire?
«Da anni chiedevamo che venisse rinforzata la medicina territoriale, da troppo tempo lasciata al suo destino, e che si potenziasse la medicina ospedaliera, reduce da politiche di risparmi anziché di investimenti. La prima ondata del Covid è arrivata senza preavviso e ci siamo trovati in una situazione imprevista, mentre per la seconda ondata avevamo il tempo per organizzare una possibile risposta anche a fronte di quello che stava succedendo negli altri paesi europei un mese prima che si verificasse da noi. Andavano strutturate risposte organizzate ad un'emergenza che si poteva fronteggiare meglio - nella seconda ondata - con una revisione complessiva dell'offerta sanitaria».
Da anni si parla di rafforzare la medicina territoriale. Doveva arrivare una pandemia per pensarci? E in fase emergenziale come si può correggere il tiro?
«Ormai correggere il tiro non è facile. Si tratta sempre di una gestione di tipo emergenziale. Avremmo preferito non attendere una pandemia perché ci si rendesse conto che sarebbe stato necessario rinforzare la medicina del territorio ed ospedaliera anziché tagliare e sottrarre risorse».
Quali sono i mea culpa da recitare nel Ssr?

«Non spetta a noi elencare quali sono i mea culpa: siamo disponibili, come detto, ad affrontare il problema e mettere a disposizione la nostra expertise e la visione della sanità, delle condizioni lavorative e le esigenze per migliorare la possibilità di incidere e migliorare l'impianto assistenziale e sanitario a livello regionale e territoriale». Tiberio tocca, poi, altre criticità da affrontare che riguardano la lotta alle fake news in medicina, i negazionismi imperanti che rischiano di creare nuove crepe nella battaglia contro il Covid, fino agli atti di violenza contro i medici. E, ancora, condizioni lavorative difficili, abusivismo, precarietà, sovraffollamento dei Pronto soccorso, tagli economici, ridotto numero degli accessi alle scuole di specializzazione e massivo ricorso alle condizioni di sottoccupazione.
Lisa Zancaner
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino