«Ho parlato con i ginecologi, al sesto mese non posso più abortire. Tengo

«Ho parlato con i ginecologi, al sesto mese non posso più abortire. Tengo
«Ho parlato con i ginecologi, al sesto mese non posso più abortire. Tengo il bambino, ti devi assumere le tue responsabilità. Ora dico a tutti che aspetto un figlio». ...

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«Ho parlato con i ginecologi, al sesto mese non posso più abortire. Tengo il bambino, ti devi assumere le tue responsabilità. Ora dico a tutti che aspetto un figlio».

È la sera di domenica e Irina Bacal ha di fronte il suo ex ragazzo, Mihail Savciuc. La ventunenne è tornata dalla Moldavia da pochi giorni. Era partita con la scusa di recuperare dei documenti per la patente. All'aeroporto l'aveva accompagnata proprio Mihail. Lontano dall'ambiente famigliare ha incontrato i medici per capire se fosse possibile interrompere quella gravidanza di cui aveva tenuto tutti all'oscuro. Tutti tranne Mihail, che domenica è passato a prenderla in macchina e l'ha portata nel boschetto di Formeniga dove si è consumata la tragedia. La ferma posizione della giovane ha fatto scattare qualcosa nel diciannovenne, qualcosa che si può solo provare a immaginare.
Prima di quel giorno che ha cambiato le loro vite Irina e Mihail erano due giovani come tanti altri, con i loro sogni, le loro passioni, le loro vite, legata allo studio per l'uno e ai primi lavori saltuari per l'altra, una compagnia di amici in comune e una relazione sentimentale a tratti tormentata e interrotta. Niente che potesse essere considerato fuori dall'ordinario. Famigliari e amici sono rimasti scioccati quando hanno saputo dell'omicidio. Non riescono a immaginarsi quel ragazzone allampanato col cappellino da baseball nei panni del carnefice che ammazza con ferocia inaudita.
Un diciannovenne che fino a ieri mattina, quando i poliziotti sono andati a prenderlo, ha continuato a comportarsi come se nulla fosse successo, nella routine famigliare e fuori. Nessuno ha avuto nemmeno lontanamente la percezione di quello che aveva fatto. All'indomani del delitto, lunedì mattina, i vicini lo avevano visto caricare come al solito in auto il fratellino. Poi era andato a prenderlo a scuola. A Godega abitava da qualche anno, lo conoscevano di vista. «Forse era un po' troppo spregiudicato nella guida - ricorda una vicina - Era già stato notato dai vigili urbani».

La mamma della ventenne, Gàlina, non sa darsi pace: «Se avessi saputo che era incinta, l'avrei aiutata. Quel bambino lo avrei cresciuto come ho cresciuto la mia Irina, era sangue del mio sangue». Da circa un anno non vivevano più insieme: la giovane si era trasferita in un appartamento con delle amiche. Da loro si è precipitata la donna lunedì mattina, non avendo più notizie della figlia. Irina aveva impieghi saltuari, come assistente per anziani, cameriera o addetta alle pulizie a chiamata all'hotel Città di Conegliano. Amici ed ex colleghi la descrivono come una ragazza educata, semplice, dalla bellezza fuori dal comune. Nessuno, nemmeno le amiche che vivevano con lei, sapeva che fosse incinta, anche se qualcuno aveva notato che le sue forme si erano arrotondate. A un collega di lavoro aveva confidato che da qualche settimana credeva di essere pedinata.
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Il Gazzettino