La legge di Bilancio? «Pronti». Un altro governo? «Certo». Una nuova legge elettorale? «Ovvio». Ieri sera Matteo Renzi sembrava aver già elaborato il lutto per la sconfitta...
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Il via vai che c'è stato ieri a palazzo Chigi proseguirà anche oggi con gli incontri che il premier uscente avrà con i leader dei partiti alleati di governo. Alfano e Verdini sono da ieri sulle spine. Sono pronti a dare i propri voti ad un nuovo governo ma vogliono garanzie da Renzi sul sostegno del Pd. I nomi non mancano e si pescano tra gli attuali ministri: Gentiloni (Esteri), Delrio (Infrastrutture) e Padoan (Economia). Quest'ultimo potrebbe rappresentare la garanzia per le borse e l'Europa che già chiede una manovra correttiva. Governo istituzionale, di pochi mesi, per verificare al tavolo sulla legge elettorale, quanto spazio c'è per un accordo. Renzi resta scettico sulla possibilità di un'intesa visto che il M5S, dopo tanto strepitare, sembra ora preferire l'Italicum perchè prevede il ballottaggio, mentre Berlusconi tesse insospettate lodi al sistema proporzionale che ha sempre avversato. Poi c'è il problema dei partiti più piccoli con i centristi di maggioranza che non vogliono sbarramenti sopra il 3% mentre a Lega e Fratelli d'Italia non dispiacerebbe poter inserire il sistema delle primarie già nella legge.
Nella sfida a chi frena per ultimo sul voto anticipato, Renzi non sembra temere confronti. «Si vedrà al Quirinale chi le vuole veramente», sostiene un ministro mentre esce da palazzo Chigi. Sulla linea del voto subito c'è anche il ministro dell'Interno Angelino Alfano che ai suoi confessa: «Si può votare a febbraio». La sfida è diretta al Cavaliere che resterebbe incandidabile se si votasse in primavera. Ai suoi alleati centristi Renzi promette di non abbandonarli nè in occasione del varo del prossimo governo, nè al tavolo della trattativa sulla legge elettorale. Niente sbarramenti alti, come vorrebbe il centrodestra, e premio di coalizione. Perchè lo spiega il sindaco di Pesaro Matteo Ricci: «Il fronte riformista ha un voto molto ampio e un leader che è Matteo Renzi. La percentuale del Sì ricalca quella presa alle Europee del 2014». Ma se il fronte del Sì ha un leader e una base importante da cui partire frutto del referendum, nel centrodestra è buio pesto tra Berlusconi e Salvini con quest'ultimo lusingato dalle avances pentastellato anche per l'esplicita richiesta di uscita dall'euro.
L'idea di tirarla per le lunghe, come vorrebbe la minoranza Dem, per arrivare a fine legislatura conta sulla voglia di vitalizio dei parlamentari che per maturarlo devono arrivare a ottobre del prossimo anno. Prospettiva di lunga durata che si scontra però con i numeri compatti di Montecitorio dove il Pd conta da solo 301 deputati su 630, e sulla volontà del Quirinale di prendere atto delle scelte dei partiti. Qualora lo stesso Pd si dicesse indisponibile a far proseguire la legislatura.
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Il Gazzettino