Gli operai: «Ora ci dicano chi ha prodotto quel gancio»

Gli operai: «Ora ci dicano chi ha prodotto quel gancio»
LA PROTESTAPADOVA I primi hanno iniziato ad arrivare poco dopo le 5.30. Nessuna tuta di lavoro all'alba di ieri però in via Pellico, nello stabilimento dove le Acciaierie Venete...

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LA PROTESTA
PADOVA I primi hanno iniziato ad arrivare poco dopo le 5.30. Nessuna tuta di lavoro all'alba di ieri però in via Pellico, nello stabilimento dove le Acciaierie Venete producono laminati calibrati in leghe d'acciaio. La marcia quotidiana dei 94 operai si è fermata qualche centimetro prima del cancello, su cui sventolavano bandiere della Fiom Cgil e della Fim Cisl. E lì i lavoratori sono rimasti fino alle 10.

CAPANNONE
Dentro, nel capannone che il cancello lasciava intravedere dalla strada, nessuno. Per un giorno interno, che nel linguaggio degli operai si traduce in tre turni da otto ore ciascuno, di sciopero. Fuori, il silenzio e le parole sgomente di chi domenica ha dovuto fare i conti con l'incubo vissuto da quattro colleghi di acciaieria, travolti, nello stabilimento principale di Riviera Francia (dove c'è la fonderia), dagli schizzi di magma dovuti alla caduta da circa quattro metri d'altezza di una siviera, un contenitore che trasportava 90 tonnellate di acciaio fuso.
Piombate all'improvviso su Sergio Todita, 39 anni, moldavo, ricoverato a Padova con ustioni su 100% del corpo; Marian Bratu, 43 anni, di origine rumene, nelle stesse condizioni del collega di lavoro, e ricoverato a Cesena, e David Frederic Gerard Di Natale, 39 anni, italo-francese, ora su un letto dell'ospedale di Verona con il corpo coperto al 70 per cento da ustioni; mentre Simone Vivian, 34 anni, residente a Vigonovo è stato dimesso nella notte tra domenica e lunedì.
A causare l'incidente sarebbe stata la rottura di un perno di sicurezza della siviera, o almeno così dice un primo rapporto dello Spisal depositato in Procura. E le parole dei tecnici dello Spisal non fanno altro se non rafforzare la voce che ieri mattina serpeggiava tra i lavoratori nel presidio di via Pellico. Nessuna mancanza di sicurezza, quindi. Una tesi sostenuta sulla base del fatto che prima di Pasqua quel perno fosse stato manutentato e fosse arrivato nel capannone di Riviera Francia non più di un anno fa, a sostituirne un altro vecchio di trentacinque anni.
RISCHI
«I lavoratori non se la sono sentita di varcare il cancello, sono, siamo, troppo scossi da quanto successo ieri (domenica, ndr)» ha esordito Angelo Semenzato della Fiom Cgil e delegato Rsu all'interno di Acciaierie Venete. «Non sono queste le condizioni in cui si può lavorare - ha continuato Semenzato - c'è troppa frenesia nell'attività e si rischia di fare errori, anche se non è questo il caso specifico. È però inaccettabile che chi esce di casa per lavorare rischi di non farci più ritorno». «Qui di errore umano non c'è nulla - gli fa eco Andrea Bonato, operatore sindacala della Fim Cisl - ieri (domenica, ndr) si è rotto un perno che aveva una vita giovane. Dietro quella rottura c'è un nome e una responsabilità e quel nome deve saltare fuori. Resta poi il grande dubbio: lì quei quattro operai ci dovevano o ci potevano stare? Sono le domande che noi, lavoratori, facciamo a chi indaga perché si arrivi alla chiarezza».
«Ci sono stati investimenti da parte dell'azienda sulla sicurezza - ha continuato Valter Simionato, delegato Rsu di Fim Cisl - ma qui siamo di fronte ad un evento inconcepibile: il perno era stato revisionato poco prima di Pasqua: perché allora si è rotto?».
INTERROGATIVO

Un interrogativo che campeggiava sulla bocca di tutti i lavoratori che ieri si sono alternati a farsi vedere e dare, così, la propria solidarietà ai colleghi vittime dell'incidente. «Purtroppo per migliorarsi deve sempre succedere qualcosa - è stata l'analisi di Emanuele Della Regina, attrezzista nell'impianto di via Pellico - Se avessi di fronte la proprietà ora gli chiederei più investimenti nella sicurezza, perché non si può rischiare la vita lavorando». Come lui, anche Marco, meccanico manutentore da 23 anni alle Acciaierie. «C'è rabbia - ha ammesso - il Governo deve capire che ci sono lavori pericolosi e correre al riparo con le leggi. La manutenzione viene fatta, ma ci vuole sempre una maggiore attenzione. Io non sono uno a cui piace stare a casa da lavoro, ma oggi (ieri, ndr) andava fatto per solidarietà e per dire che così le cose non possono andare avanti». Oggi intanto i lavori in via Pellico riprenderanno. Alle 6 il primo turno inizierà con la manutenzione settimanale ordinaria, poi via alla produzione. Materiale in magazzino ce n'è per due giorni, poi si vedrà. Perché il metallo da lavorare arriva dall'impianto di Rivera Francia, sotto sequestro da domenica mattina. E chissà per quanto ancora.
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino