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BELLUNO È una guerra e in guerra bisogna avere il coraggio di decidere. È questo il senso dell'appello rivolto dagli industriali di cinque province del Veneto al governo. «Superare gli anacronismi dei codici Ateco» è il mantra di queste ore. Nella speranza che nel prossimo annuncio il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, consenta di riaprire, a chi dichiara di essere già in grado di rispettare e far rispettare le distanze di sicurezza.
LO SCENARIO
«La nostra economia è stata colpita al cuore - spiegano congiuntamente i Presidenti di Assindustria Venetocentro, Maria Cristina Piovesana, Confindustria Belluno-Dolomiti Lorraine Berton e Confindustria Venezia e Rovigo, Vincenzo Marinese - uno shock imprevedibile e feroce, paragonabile a quello di una guerra». I numeri elaborati dal Centro Studi Confindustria (Pil -10% nel primo semestre 2020) dicono che nello scenario più ottimista (uscita dalla fase acuta dell'emergenza sanitaria con il 90% delle aziende che riprendono l'attività entro maggio), ci sarà una perdita del Pil di 4 miliardi per ogni settimana di chiusura in Veneto nel primo semestre, quasi 2,5 miliardi per ogni settimana di chiusura nei territori di Padova e Treviso, Belluno, Venezia e Rovigo a trazione manifatturiera ed export oriented.
FILIERE A RISCHIO
Affacciate sul baratro secondo Berton e i suoi colleghi non ci sono solo le aziende più esposte ma intere filiere produttive e addirittura i distretti strategici, determinanti all'economia del Veneto e del Paese. Comparti che nel 2018 hanno esportato prodotti per un valore complessivo di 14 miliardi di euro: la termomeccanica, il vetro artistico, il legno e arredo e il tessile, lo sportsystem, le materie plastiche, i sistemi per l'illuminazione, l'ittico, la giostra, l'elettrodomestico, oltre ovviamente all'occhialeria made in Belluno.
VIOLENZA E RAPIDITÀ
«La crisi economica - spiegano i firmatari del documento - indotta dal coronavirus sta investendo le nostre imprese, con una violenza e una rapidità che non hanno precedenti, e mette a rischio la tenuta economica e sociale, anche delle aree più produttive del Paese, come il Veneto. Se l'obiettivo indicato dal premier Conte alle Camere è fare il possibile per preservare l'integrità del nostro tessuto produttivo, la strada è agire subito, senza tentennamenti, superando gli anacronismi dei codici Ateco, per difendere lavoratori, imprese, famiglie».
QUESTIONE DI RESPONSABILITÀ
È un'assunzione di responsabilità quella che Berton e i suoi colleghi chiedono all'esecutivo. La responsabilità di una scelta politica. «Senza lo scudo dei comitati di esperti dietro cui nascondersi per rinviare decisioni. Il tempo è nostro nemico. Continuare a non produrre, mentre gli altri Paesi lo fanno, significa perdere ordini, clienti, posti di lavoro, relazioni internazionali e quote di mercato in modo irreversibile. Se non ci sarà una decisione chiara, univoca e in tempi rapidissimi sull'allentamento del regime attuale delle restrizioni alle attività produttive, rischiamo danni permanenti e irreversibili, a cominciare dalla perdita di un pezzo rilevante della nostra industria, di lavoro e competenze, che non arriverà a vedere la fine del lockdown».
IL PIANO
Non è un piano di investimenti quello che in questo momento chiedono gli industriali ma è la possibilità di ripartire. Di ricominciare perché a rischio c'è molto di più del margini del 2020. «Chiediamo al premier Conte - è il perno attorno al quale si snoda la richiesta - che tutte le imprese capaci di garantire le imprescindibili, ripetiamo, imprescindibili precondizioni di sicurezza, siano messe in condizione di riaprire già dalla prossima settimana. A cominciare da filiere essenziali come meccanica, moda, legno-arredo e dai distretti strategici del Made in Italy. La strada più veloce in una recessione tremenda come quella che dovremo affrontare non sarà forse perfetta ma sarà la migliore».
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Il Gazzettino