Giulio Sapelli Aristotele, nella sua Poetica, definisce la tragedia greca come «l'imitazione di un'azione seria e conclusa,...
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Aristotele, nella sua Poetica, definisce la tragedia greca come «l'imitazione di un'azione seria e conclusa, dotata di grandezza»; una imitazione che, «attraverso compassione e paura» conduce in definitiva alla catarsi, ossia al superamento delle passioni medesime.
È a questa definizione che ho pensato quando di recente ho letto il discorso della cancelliera Angela Merkel e, ieri, quello del presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, sulle vicende greche. Discorsi dai toni diversi ma sempre armonicamente sulla stessa tonalità. Sicché ci si era sbagliati a essere così fanaticamente rigidi nel fare pagare alla Grecia tutti i costi dell'austerità tecnocratica. Essa l'ha di fatto dissanguata lasciandola spoglia e impoverita delle sue risorse più preziose, svendute a prezzi di saldo alle potenze creditrici che non si sono fatte remore di far la parte dell'acquirente non benevolo, dell'acquirente minaccioso che, mentre fissa le regole, fa sì che esse siano le più favorevoli al dominatore.
Bene, alla buon'ora, potremmo dire, finalmente l'hanno riconosciuto anche loro. E ci si potrebbe esaltare nell'aver avuto ragione, ci si potrebbe compiacere per aver detto il contrario del pensiero dominante, in tempi difficili, quando tutti esaltavano l'ordo-liberismo e una politica tanto sbagliata teoricamente quanto dannosa praticamente.
Continua a pagina 27
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Il Gazzettino