Gianni Palminteri e l'astrattismo Conegliano ora gli rende omaggio

Gianni Palminteri e l'astrattismo Conegliano ora gli rende omaggio
LA MOSTRANon è un artista molto conosciuto. O almeno non quanto merita. Forse perché Gianni Palminteri non si è mai uniformato a generi e mode espressive. Quando l'arte...

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LA MOSTRA
Non è un artista molto conosciuto. O almeno non quanto merita. Forse perché Gianni Palminteri non si è mai uniformato a generi e mode espressive. Quando l'arte italiana virava dritta verso l'informale lui decise di sterzare bruscamente riscoprendo una sorta di figurativo simbolico, essenziale nelle linee e avvolgente nei colori. Nato e morto a Feltre (1924-1996) ma con esperienze di vita e artistiche in Italia e all'estero, è stato un personaggio straordinario e forse dobbiamo ad un incidente in campo se la carriera artistica ha prevalso su quella calcistica, poiché nel 1948 difendeva i colori dell'Inter. Fu proprio nella convalescenza che si dedicò con passione a tempo pieno all'arte e ne rimase incantato fino alla morte. A Palminteri è dedicata una interessante mostra a Palazzo Sarcinelli a Conegliano. Fino al 26 dicembre tutti i giorni escluso il lunedì, dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19 grazie all'allestimento curato dall'Associazione Culturale Piccola Mano, in collaborazione con il Comune. Gianni Palminteri. Lasciare il segno è il titolo dell'esposizione per questo grande artista che negli anni 60 inaugura una personale ricerca controcorrente trasformando semplici vedute in paesaggi antropomorfi.

IL GIUDIZIO
Il percorso lo porta a ideare i paesaggi naturazionali, come lui stesso li definisce. Nel senso interpreta il critico Manlio Brusatin - producente e germinante di una vigna di montagna che viene messa sottoterra per salvarla dal gelo e per produrre un grande rifiorire di tralci. Lo scrittore e giornalista Dino Buzzati affronta così questo rapporto reale-immaginario: Tempo fa dalla finestra aperta, una quaglia entrò nello studio di Palminteri in corso Magenta e si mise a saltellare sopra i quadri deposti sul pavimento, che rappresentavano, con armonia di tinte e sensibilità naturalistica, vari paesaggi italiani di colli, di valli, di montagne... Un caso? Si direbbe di no. Perché la quaglia, gentilmente estromessa, è tornata ripetutamente nello studio, sistemandosi sempre sopra i paesaggi, che le riuscivano molto più ospitali che non i tetti o i grami giardini di Milano. All'uccello ramingo non si può dare torto.

Laura Simeoni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino