FOTOGRAFIA VENEZIA Da Piazza San Marco alla Pescheria di Rialto, i campi Santi

FOTOGRAFIA VENEZIA Da Piazza San Marco alla Pescheria di Rialto, i campi Santi
FOTOGRAFIAVENEZIA Da Piazza San Marco alla Pescheria di Rialto, i campi Santi Giovanni e Paolo, Santa Margherita, San Bartolomeo e Santo Stefano; il Canal Grande in tutte le sue...

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FOTOGRAFIA
VENEZIA Da Piazza San Marco alla Pescheria di Rialto, i campi Santi Giovanni e Paolo, Santa Margherita, San Bartolomeo e Santo Stefano; il Canal Grande in tutte le sue diramazioni. Luoghi solitamente affollati. Non sorprenderà mai abbastanza rivedere, anche in futuro, immagini apparentemente lontane e senza tempo di città deserte durante il lockdown. Soprattutto realtà connotate dalla numerosa, se non eccessiva, presenza fisica, quasi come la Venezia di questi giorni, tornata ad una - pur apparente - normalità.

CORNICE
Di sicuro, la città lagunare restituita alla sua sola cornice, ha segnato in modo indelebile l'immaginario di chi ha potuto viverla e osservarla. Scoprendosi sorpresi una volta ancora, come accade di fronte agli esaustivi scatti realizzati da Riccardo Zipoli, inseriti nel volume Metafisiche (Postcart, pp. 252, euro 35), sottotitolo Fotografie dalla quarantena veneziana. Zipoli, pratese di nascita ma veneziano d'adozione, dal 2019 è professore emerito di Lingua e letteratura persiana all'Università Ca' Foscari. Qui, in precedenza, oltre a lingua e letteratura persiane aveva insegnato anche Ideazione e produzione fotografica, curatore ed autore di mostre. Non solo documentazione nel volume tradotto anche in inglese: nella seconda parte infatti, sorta di acquerelli cittadini restituiscono immagini riflesse nell'acqua: alla documentazione della prima parte, un aspetto artistico impresso dall'autore. A futura memoria, un'appendice restituisce data e luogo dei singoli scatti, come intuibile realizzati dall'8 marzo al 18 maggio 2020.
DIARIO
Una sorta di diario («Avanzavo con fare affrettato e quasi furtivo, dominato dal timore di compiere un'azione non dico illecita, ma certamente inopportuna», racconta Zipoli) anticipa l'apparato fotografico: «Pativo, infatti, un disagio profondo perché, davanti alle tragedie immense, umane ed economiche, che dilaniavano il nostro Paese e il mondo intero, stavo lì a contemplare una bellezza che, di quelle tragedie, era una sorta di effetto collaterale e che, senza quelle tragedie, non sarebbe potuta esistere».
Alcuni aspetti rilevati avrebbero molto da insegnare: «Gli abitanti, muovendosi fra calli e canali e ritrovandosi nei locali pubblici ancora aperti, avevano preso a trattarsi con una familiarità prima ostacolata dalle folle e dalla diffusa confusione. Grazie a una sorta di diritto di cittadinanza spontaneo ed improvviso, chi stava a Venezia sentiva di appartenere a una stessa comunità, al di là di qualsiasi distinzione». All'inedito paesaggio sonoro, l'aspetto olfattivo: «La città aveva perduto anche i suoi pochi odori», scrive Zipoli, quello naturale dell'acqua bassa dei canali, e quello umano che fuoriesce «dalle cucine di alcune trattorie e ristoranti impegnati a soddisfare, con cura e attenzione mediocri, il turismo di massa».

Riccardo Petito
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino