Ex 007 alla sbarra per concussione: in aula ha testimoniato l'informatore

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IL PROCESSO PADOVA È proseguito, ieri mattina a porte chiuse, il...

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IL PROCESSO

PADOVA È proseguito, ieri mattina a porte chiuse, il processo all'ex agente segreto dell'Aise (Agenzia e informazioni e sicurezza esterne, che dipendente direttamente dal Ministero dell'Interno), Paolo Luciani di 53 anni di Mogliano Veneto in provincia di Treviso, che si trova alla sbarra per rispondere dei reati di concussione e peculato. In aula ha testimoniato il suo ex informatore, un veneziano di 51 anni, che di fatto sarebbe stato raggirato da Luciani. «Pretendeva tra il 20 e il trenta per cento di quanto mi faceva guadagnare con il mio lavoro di informatore. In totale mi ha chiesto circa 80 mila euro», ha dichiarato l'ex fonte che è rimasta nell'assoluto anonimato. Per la pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Sergio Dini, il 53enne avrebbe preteso una mazzetta appunto dalla sua ex fonte: il 51enne, residente nel veneziano, informatore dell'agenzia pagato profumatamente. Ma il veneziano sarebbe stato costretto da Luciani a dargli soldi per mantenere tale incarico. Tra ottobre 2011 e agosto 2013 Luciani, sempre per gli inquirenti, avrebbe chiesto e ottenuto dal 51enne mazzette, a Milano, Mogliano Veneto e Bologna, per un totale di 38mila euro. Quindi dal settembre del 2012 al maggio del 2013, a Saonara e Mira, avrebbe ricevuto altri 45 mila euro. Luciani, davanti agli inquirenti, ha sostenuto che quel denaro serviva per pagare altre attività istituzionali. Una tesi che non ha convinto né gli investigatori né il pm Dini, secondo i quali l'ex agente segreto quei soldi se li sarebbe intascati. Da quanto emerso dagli incartamenti Luciani avrebbe dovuto raccogliere informazioni passate dall'informatore veneziano. Ne sarebbe nato un circolo vizioso. L'ex agente segreto, saputo quanto incassava l'informatore, avrebbe deciso di fare la cresta su quei soldi. Da quanto emerso nel processo le informazioni raccolte dal collaboratore dell'Aise sarebbero state pagate fino a 30 mila euro. Per l'accusa sarebbe stato lo stesso Luciani a trattare con i superiori i compensi dell'informatore. Ciò gli permetteva, secondo la Procura, di pretendere il fino al 30% di quello che faceva incassare al veneziano. Un giochino che gli avrebbe permesso di arrotondare lo stipendio, ma che ha finito per costargli caro.

M.A.
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Il Gazzettino