Emilia urne d'Italia

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LA GIORNATARAVENNA Lo dicono tutti e tre, Salvini, Meloni e Berlusconi, nel comizio finale in Piazza Del Popolo, a Ravenna: «Con il voto emiliano-romagnolo andiamo a prenderci il...

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LA GIORNATA
RAVENNA Lo dicono tutti e tre, Salvini, Meloni e Berlusconi, nel comizio finale in Piazza Del Popolo, a Ravenna: «Con il voto emiliano-romagnolo andiamo a prenderci il Paese». Ossia dà per certa la vittoria del centrodestra. In quel caso, Palazzo Chigi dovrebbe tremare. E infatti Giorgia Meloni dal palco avverte: «Lunedì citofoniamo a Palazzo Chigi, per dire a Conte: fai gli scatoloni e torna a casa». Una sorta di ciaone. Che non è la Bella Ciao che Stefano Bonaccini, prima di chiudere a Forlì la sua campagna elettorale, ieri ha cantato a Marzabotto abbracciando Ferruccio Laffi, 91 anni, uno dei sopravvissuti della strage nazista del 1944.

Naturalmente il premier Conte non ha nessuna intenzione di andarsene. E pubblicamente annuncia: «Il governo non rischia nulla nel voto emiliano perché non è un voto sul governo». Pur sapendo benissimo, presidente del Consiglio, che lo sfondamento M5S rischia di portare molto ai leghisti e di sottrarre assai, al netto del voto disgiunto se ci sarà, al governatore uscente e candidato del Pd. Riservatamente infatti il premier si dice piuttosto preoccupato delle urne emiliane - Emilia, Italia - e confida ai suoi: «Il governo non è in grado di sostenere uno sbandamento del Pd». Quello che non potrà non verificarsi, anche a livello di leadership e di tenuta del segretario Zingaretti, nel caso domani le elezioni diano la vittoria a Salvini e non a Bonaccini.
«La gente che ho incontrato, anche della Cgil ed ex partigiani, mi dicono che votano la Lega perché il Pd è il partito della casta», dice intanto Matteo Salvini salendo sul palco di Ravenna. A nemmeno trecento metri dalla piazza delle Sardine. Dove si trema non per il freddo ma per la paura di perdere, e sono sempre meno ottimisti da qualche giorno in qua i raduni di questo movimento. Ieri i ragazzi-pesce hanno sventolato i libri (Cent'anni di solitudine, Se questo è un uomo e tanti) dicendo: «La cialtroneria della piazza qui accanto noi la combattiamo con la cultura».
IL DERBY
Chi vincerà questo derby? La Borgonzoni dice: «Lo stravinciamo noi». E Salvini: «Non do lezioni al Colle, ma Mattarella dovrà certificare che noi siamo maggioranza nel Paese». Se lunedì va come vorrebbe che andasse, Salvini chiederà il voto anticipato. E così anche Meloni. «Io sono Giorgiaaaa», sorridendo fa il verso a se stessa nella manifestazione di Ravenna la leader di Fratello d'Italia mentre Berlusconi rivalità D'Alema: «Dopo aver perso le elezioni regionali si dimise. Conte dovrà fare lo stesso».
Però la contesa emiliana oltre che italiana è anche una gara interna al centrodestra. Salvini non ha preso bene quel volantino di Forza Italia in cui si invita a votare una delle candidate di partito e per il presidente si indica Bonaccini. Ovvero, ecco il sospetto di alcuni leghisti: gli alleati più che alla Borgonzoni pensano ai loro voti di lista. Il Carroccio vorrebbe fare il pienone, ma anche Fratelli d'Italia - la cui leader è arciconvinta della vittoria del centrodestra perché «il Pd ha smesso di governare e si è limitato a gestire» - ha ovvie esigenze di rafforzarsi e di continuare la sua crescita a livello nazionale.

Quanto a Zingaretti, anche alla vigilia del voto ribadisce il suo frame: «Lo scontro è tra chi cavalca la paura e chi risolve i problemi». Che poi è il discorso di Bonaccini e anche quello di Conte. Il quale prova d attenuare il pessimismo diffuso: «Andrà bene e i risultati emiliani daranno nuovo impulsò al governo. Ma se dovesse andare male, sarebbe sbagliato deprimersi. Perché questo voto non riguarda la sopravvivenza del governo e neppure la mia». Ed è tutto un toccare ferro.
M.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino