BOLOGNA - Due miliardi, 134 milioni, 274 mila, 7 euro e due centesimi. Più gli interessi, dalla sentenza al saldo effettivo. Più 22.500 euro di spese di lite. A tanto ammonta...
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La sentenza arriva nella causa promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal ministero dell'Interno per quantificare il danno accertato in forma generica nei processi penali. L'avvocatura dello Stato aveva chiesto un risarcimento di poco inferiore a quello deciso dalla terza sezione civile, 2 miliardi e 59 milioni. Dopo aver respinto le eccezioni sulla prescrizione della difesa, il giudice Francesca Neri si è soffermata sul danno non patrimoniale arrecato all'identità e all'immagine dello Stato: «La gravità di quel fatto, in sè e per sè considerato, per l'entità delle conseguenze lesive a persone e cose, per lo sgomento e il senso di insicurezza che provocava nell'opinione pubblica, dovuto anche alla circostanza che si trattasse di un attentato ad una via di comunicazione, tale da colpire in modo imprevedibile e indiscriminato, è di livello senza pari nella storia dell'Italia, ed è secondo in ambito europeo solo agli attentati di Madrid dell'11 marzo 2004».
I beni lesi sono «di rango fondamentale». Perché l'Italia, in seguito all'attentato, «appare agli occhi dei propri abitanti come incapace di proteggere la propria incolumità, nello svolgersi della loro vita quotidiana, in quanto vittima di individui e organizzazioni capaci di colpire dovunque e senza alcun preavviso». Da parte delle altre nazioni «viene vista come uno Stato in lutto, vulnerabile rispetto all'azione di gruppi estremisti». Ormai, 34 anni dopo «può dirsi che tale evento sia rimasto impresso in modo indelebile nella coscienza collettiva della nazione, come un vero e proprio danno permanente».
Così, nel quantificare un danno che «non può in nessun modo essere provato nel suo preciso ammontare, né risultano precedenti in materia, stante il carattere - per fortuna - straordinario dell'evento dannoso», il tribunale calcola un miliardo per il danno non patrimoniale, più 59 milioni per le spese sostenute e gli oneri economici sopportati dallo Stato (dai funerali solenni, alle spese per uomini e mezzi impiegati nei soccorsi, alle visite di presidente della Repubblica e del Consiglio, alle manifestazioni di partiti e sindacati), più «il cosiddetto danno da ritardo, da calcolare in via equitativa, devalutando le somme alla data del fatto e calcolando gli interessi legati alla somma di anno in anno rivalutata».
Ne esce una cifra alla portata di pochi, sicuramente non di Mambro e Fioravanti. I loro difensori, che nell'affrontare il processo non sono mai entrati nel merito delle sentenze penali, non commentano, ma impugneranno. Per Paolo Bolognesi, deputato Pd e presidente dell'associazione familiari delle vittime, è «una bella notizia: per loro e i loro eredi la strage di Bologna rimarrà una macchia indelebile». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino