Dm Elektron, sciopero di otto ore e presidio a Trieste

Dm Elektron, sciopero di otto ore e presidio a Trieste
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LA VICENDA

UDINE Sciopero di otto ore oggi alla Dm Elektron di Buja e presidio dei lavoratori a Trieste, in occasione dell'incontro dei sindacati con la Regione. L'azienda ha annunciato che la produzione non resterà allo stabilimento di Buja, ma sarà spostata in Romania: nella sede friulana, invece, rimarrà il quartier generale e gli uffici, il che dovrebbe tradursi in una cinquantina di esuberi. Al vertice di oggi la proprietà ha già annunciato che non sarà presente «per precedenti impegni», ma il titolare Dario Melchior fa sapere di aver «già preso accordi per fare un incontro la prossima settimana». «Dismettere la produzione a Buja vorrebbe dire più che dimezzare l'occupazione nello stabilimento friulano - dice Gianpaolo Roccasalva (Fiom Cgil) -. L'azienda dice che se si fa un accordo è possibile un anno di cassa per chiusura di reparti, ma non è accettabile: non possiamo firmare un'intesa di gestione delle eccedenze senza prospettive. Per questo abbiamo chiesto un incontro urgentissimo alla Regione, che deve farsi parte attiva per aiutarci magari a trovare un nuovo imprenditore che rilevi la ditta, per dare una prospettiva occupazionale». Per Fabiano Venuti (Fim Cisl) «se ci fosse qualcuno disposto a rilevare l'azienda, sarebbe la migliore delle soluzioni. La situazione si è incancrenita ed è difficile uscirne: l'azienda dice che ha perso il rapporto di fiducia e i lavoratori potrebbero dire altrettanto. Alla fine dei conti avevano ragione loro - sostiene, ricordando il presidio e la protesta di dicembre - quando parlavano di una possibile delocalizzazione. Adesso ne abbiamo la prova: questo non è un piano industriale. È un piano di uscita dall'Italia». L'assessore regionale Alessia Rosolen, che oggi incontrerà i sindacati ricorda che «l'azienda non è della Regione, ma dell'imprenditore. Quindi, non si tratta di rilevare l'azienda, ma di farsi carico degli errori dell'azienda. Ormai, purtroppo, ognuno sta perdendo il suo ruolo. La Regione dovrebbe intervenire quando i sindacati e l'azienda si sono confrontati: è un soggetto facilitatore, ma non è né l'imprenditore né il lavoratore. Poi, la politica fa il suo dovere, per senso di responsabilità, ma non possiamo sostituirci ai rapporti degli altri. Siamo intervenuti subito e avevamo monitorato la situazione: bastava che a dicembre ci dicessero andiamo via. Avevano ragione i lavoratori all'epoca, mi pare evidente. Così abbiamo perso tempo». Per parte sua Melchior spiega che «la produzione non resterà a Buja, dove, da un centinaio di unità si passerà alla metà, che rimarranno negli uffici di ingegneria, progettazione, sistemi di test, interfaccia cliente, interfaccia fornitore e amministrazione. La parte produttiva, circa 50 persone, a questo punto credo si possa definire in esubero. Purtroppo, si è perso il rapporto di fiducia con i clienti. Gli eventi di dicembre hanno mutato lo scenario. Il sito di Buja è diventato non più appetibile per alcuni grossi clienti. La grande evidenza data dai social alla protesta non ha giovato: i clienti hanno visto e queste cose hanno fatto paura a tanti». Ma Melchior assicura che non era tutto già scritto: «Non mi possono venire a dire che avevo già questa idea. A novembre, alla fiera dell'elettronica di Monaco, abbiamo presentato il depliant in cui dicevamo che tenevamo una parte di produzione in Italia. Ma gli eventi di dicembre hanno cambiato tutto».

Cdm
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Il Gazzettino