Divisi tra Padova e la provincia, poi verso il nord Europa

Divisi tra Padova e la provincia, poi verso il nord Europa
Continuano gli arrivi di profughi e rifugiati nelle diverse strutture di accoglienza del padovano. Un'altra decina le persone arrivate in questi giorni, ospitate in provincia in...

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Continuano gli arrivi di profughi e rifugiati nelle diverse strutture di accoglienza del padovano. Un'altra decina le persone arrivate in questi giorni, ospitate in provincia in particolare a Battaglia Terme.

Il gruppo arrivato nel padovano fa parte di uno più numeroso arrivato in Veneto in questi giorni (un centinaio di persone) e accolto in diverse province. Secondo alcuni dati sarebbero 2.800 i profughi arrivati in tutta la regione nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum: a Padova 421, 572 a Venezia, 477 a Vicenza, 3423 a Verona, 350 a Rovigo, 331 a Treviso e 223 a Belluno.
I dati riportati sono anche da un comunicato congiunto dei parlamentari veneti del Movimento 5 Stelle: «Non possiamo aver paura di 2.800 profughi in una regione che conta quasi 5 milioni di abitanti - dicono i pentastellati - Il tema del confronto su cui la politica deve porre l'attenzione è invece la possibilità che da meno di tremila si passi in poco tempo a 280 mila profughi. A quel punto l'emergenza diventerebbe ingestibile. L'Italia deve essere portatrice di pace, capace di un ruolo di negoziatore tra le parti in conflitto su mandato di un'Europa forte».
Le persone che arrivano spesso ripartono dopo pochi giorni, in alcuni casi dopo ventiquattr'ore. Solo sporadicamente le permanenze si prolungano (a Battaglia Terme ad esempio sono tre le persone ospitate dal mese di maggio).
Per chi rimane si apre un nuovo capitolo: «Secondo la nostra esperienza gran parte del tempo è dedicato allo studio dell'italiano - racconta Maurizio Trabuio, presidente di Città Solare, cooperativa che si occupa di accoglienza in diverse strutture come Casa Colori e casa Valentini Terrani - Poi si fanno da mangiare, si dedicano alla pulizia delle loro camere e degli spazi comuni. Si fanno anche attività di "buon vicinato": danno una mano a chi abita nei dintorni. Da noi hanno poi anche la possibilità di giocare a pallone, cosa che fanno con frequenza».
La cucina e le pulizie rappresentano un'attività particolare: «Sono attività utili, non solo come terapia occupazionale - prosegue Trabuio - Farsi da mangiare, soprattutto, consente di mantenere un legame con la propria origine, la propria identità. Non essere costretti a mangiare solo pastasciutta è importante».
In alcuni casi, come per la quindicina di rifugiati ospitati Rubano, è stato possibile fare anche esperienza di volontariato nella sagra locale: «Tutti sono stati contenti. La parrocchia si è dimostrata da sempre sensibile e accogliente e se c'è rispetto l'incontro è possibile, anche tra persone con esperienze, storie, culture diverse. Un incontro che genera esperienze che arricchiscono tutti».

Nella fase di prima accoglienza i profughi possono però impegnarsi solo in attività di volontariato puro, come accade appunto in un'attività parrocchiale come la sagra, mentre non è possibile svolgere dei veri e propri lavori: «Il problema dell'inserimento - conclude Trabuio - è legato al possesso di tutti i documenti che attestano lo status di richiedente asilo. Prima di allora non è possibile sbloccare il percorso migratorio. Avere un "pezzo di carta" apre le porte alla seconda fase dell'inserimento, che non riguarda più la prima accoglienza, ma che attiene allo Sprar, il Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati».
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Il Gazzettino