Danni degli animali, grido d'allarme della Fiorita

Danni degli animali, grido d'allarme della Fiorita
FELTRELa fauna selvatica distrugge oltre il 40% delle colture di mais sponcio della cooperativa La Fiorita di Busche: «una situazione insostenibile che rischia di metterci in...

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FELTRE
La fauna selvatica distrugge oltre il 40% delle colture di mais sponcio della cooperativa La Fiorita di Busche: «una situazione insostenibile che rischia di metterci in ginocchio», afferma il presidente della cooperativa Eugenio Garlet che prende carta e penna e invia una missiva a sindaci e parlamentari affinchè si prodighino per far fronte a questa situazione emergenziale. La cooperativa La Fiorita conta oggi oltre 300 soci dislocati in tutta la provincia e 11 dipendenti fra fissi e stagionali. «In questo periodo è stato raccolto il mais sponcio, uno dei prodotti che assieme alle patate De.C.o. Di Cesiomaggiore, ai fagioli, all'orzo delle valli Bellunesi e al farro, rappresenta il fiore all'occhiello della nostra produzione - spiega Garlet -. Con molta amarezza ci siamo ritrovati a fine trebbiatura a riscontrare una perdita nel raccolto annuale di oltre il 40% di granella. Questo calo è stato causato principalmente dai danni provocati da animali selvatici quali cinghiali, cervi e corvi. In molti casi i campi erano completamente rasi al suolo! Considerando che lo sponcio è un prodotto di nicchia, con una produzione per ettaro già inferiore rispetto alla media di altre varietà di mais, i danni in questione potrebbero mettere in seria crisi la Cooperativa, che si ritrova di fatto senza prodotto da immettere sul mercato, con conseguente rilevante danno economico». Una situazione drammatica per questo la cooperativa afferma che «per convivere con questi selvatici chiediamo che venga aumentato il prelievo in modo da abbassarne la densità e dare la possibilità agli agricoltori di raccogliere il prodotto senza dover incorrere in interminabili iter burocratici per la richiesta di danni o senza vedersi addossare l'ulteriore onere, in termini di lavoro e costi, di dover delimitare le aree coltivate con recinzioni che si rivelano peraltro il più delle volte inutili». (E.S.)

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Il Gazzettino