Cambiare sesso non è più un tabù. Neppure a Pordenone. Resta una pratica lunga da seguire, a volte dolorosa e sicuramente figlia di un conflitto personale più profondo che...
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Tra avvocati alle prese con le pratiche legali necessarie ad intraprendere il percorso e gli specialisti dell'Aied (Associazione italiana per l'educazione demografica) a ricevere le prime istanze degli interessati, anche nella Destra Tagliamento si registra un aumento dei casi relativi a persone intenzionate a cambiare la propria identità sessuale.
Tra liste d'attesa e istanze di prossima risoluzione, infatti, si contano in provincia almeno una dozzina di casi. C'è però un altro fenomeno da tenere sotto controllo: ai centri d'ascolto pordenonesi, infatti, si rivolgono anche persone dal vicino Veneto, facendo lievitare i numeri. In generale, pensando a qualche anno fa, si tratta di richieste più che raddoppiate. E per una provincia tutto sommato piccola, come quella pordenonese, i dodici casi, sono effettivamente tanti. Ma quel è l'identikit sul territorio di chi sta per sottoporsi a questa drastica decisione? Intanto c'è da sfatare un altro stereotipo: chi cambia l'identità sessuale nella stragrande maggioranza dei casi non c'entra assolutamente nulla con il mondo della prostituzione.
Anzi, nel Friuli Occidentale si va dall'avvocato all'idraulico passando per professionisti, impiegati, titolari di imprese individuali e operai. Impeccabili lavoratori e lavoratrici (ci sono anche donne che vogliono diventare uomini) che nel corpo donato dalla natura non sono più a loro agio e che scelgono di sottoporre mente e fisico ad un lungo periodo di ri - accettazione di sè stessi.
Il percorso inizia dalle prime visite, che a Pordenone possono essere svolte all'Aied. Si tratta della consulenza iniziale, nella quale intervengono sessuologi e psicologi. La seconda fase riguarda invece il procedimento legale necessario ad ottenere il cambio dell'identità sessuale. La legge stabilisce che quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato. Per ottenere questa autorizzazione, dunque, il richiedente deve rivolgersi al Tribunale di Pordenone. Servono almeno 4-5 anni. Dopo la cosiddetta ri-attribuzione chirurgica di sesso deve avvenire anche la rettificazione di attribuzione di sesso, cioè la modifica dei dati personali, nome proprio e sesso attribuito alla nascita, nei registri dell'anagrafe a cui si è iscritti.
Anche in questo caso è necessario presentare ricorso al Tribunale per ottenere la rettifica anagrafica e bisognerà esibire le cartelle cliniche della struttura sanitaria dove è stata effettuata la riconversione. L'operazione, appunto. Può durare anche diverse ore ed è più frequente nei casi di conversione dal sesso maschile a quello femminile. Il centro di riferimento è l'ospedale Cattinara di Trieste, dove Carlo Trombetta, professore di urologia, si occupa proprio della cosiddetta disforia di genere. Nel capoluogo giuliano si svolgono 18 operazioni l'anno e la clinica è considerata, oltre che pionieristica, anche all'avanguardia nel panorama europeo. Non sono rari nemmeno i casi in cui a Trieste vengono corrette operazioni svolte all'estero e non andate a buon fine. Segue poi una terapia ormonale che dura tutta la vita.
Il percorso è difficile e tormentato, ma come riferisce Mario Puiatti (presidente Aied Pordenone) «le rivendicazioni dei diritti di libertà stanno avendo la meglio». La voce arriva anche dalla provincia del Nordest.
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Il Gazzettino