CRIMINALITÀ PADOVA L'hanno aspettato al rientro dal lavoro. Nell'oscurità

CRIMINALITÀ PADOVA L'hanno aspettato al rientro dal lavoro. Nell'oscurità
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CRIMINALITÀ
PADOVA L'hanno aspettato al rientro dal lavoro. Nell'oscurità l'hanno assalito e rapinato dell'incasso della serata. Un vero incubo quello vissuto da Mirko Bellotti, cinquantunenne direttore del locale di lap dance Playboy, di Abano Terme. I tre banditi erano convinti che avesse una cassaforte in casa. Provvidenziale il risveglio della compagna che si è barricata nella stanza e ha chiamato i carabinieri.

L'agguato è avvenuto alle quattro del mattino. Bellotti si è fatto accompagnare a casa dal suo autista. Ha fatto appena in tempo ad aprire il cancello in ferro dell'elegante residence della Montecchia, tra Selvazzano e Saccolongo, alla periferia di Padova dove risiede. Tre sconosciuti, probabilmente stranieri, l'hanno aggredito puntandogli un coltello alla gola. Sotto la minaccia dell'arma il direttore del Playboy è stato costretto ad aprire la porta dell'appartamento. I banditi gli hanno legato mani e piedi, l'hanno imbavagliato e spinto sul divano, non prima di avergli sferrato un paio di pugni al capo.
Non si sono però accontentati dell'incasso della serata e di un orologio di valore. Volevano altri soldi. Erano convinti che li tenesse nascosti in una cassaforte. In due sono saliti al piano superiore, hanno iniziato a mettere l'alloggio sottosopra aprendo armadi e cassetti, spostando mobili e buttando per aria quadri e capi d'abbigliamento. Il terzo malvivente è rimasto seduto sul divano puntando il coltello addosso al malcapitato. Gli intimava di dirgli dove tenesse nascosto il forziere. E lo esortava a fare presto «perché altrimenti il capo si arrabbia, e finisce male».
L'ALLARME
Il cinquantunenne ha ripetuto più volte di non avere alcun forziere in casa. E di non essere in possesso di altro denaro contante. Nel frattempo i rumori provocati dai due complici all'interno dell'appartamento hanno risvegliato di soprassalto la sua compagna, una trentanovenne di origini ungheresi. La donna si è resa conto del pericolo. Ha lanciato un urlo, è schizzata fuori dal letto e si è chiusa a doppia mandata dentro la stanza. Poi ha chiamato i carabinieri.
I due banditi hanno capito di essere stati scoperti. Hanno gridato al terzo di raggiungerli al piano superiore.
Bellotti ha tirato un sospiro di sollievo. In pochi istanti si è slegato mani e piedi ferendosi leggermente ad una gamba. Èscappato fuori ed è corso a suonare al campanello del vicino. Si è fatto prestare un telefono e ha dato l'allarme al 112. In una manciata di minuti è giunta sul posto una pattuglia dei carabinieri di Selvazzano. Ma dei tre banditi non c'era più traccia. Avevano fatto in tempo a dileguarsi. Bellotti è rientrato in casa per sincerarsi delle condizioni della compagna, ancora barricata nella stanza da letto. I malviventi non le avevano torto un capello. Ha potuto finalmente aprire la porta e ricevere un abbraccio.
LO CHOC

«Credo che di peggio ci sia soltanto la morte - ha detto la vittima dell'agguato - nella vita ci si può sempre aspettare di tutto ma non un coltello puntato alla gola per sapere dov'è una cassaforte che in realtà non esiste. Hanno devastato persino il bagno. Mi hanno portato via tutto: i soldi del locale, l'orologio e persino l'anello di mio padre. Provo un dolore enorme». Bellotti è stato sentito a lungo dai carabinieri che proveranno a dare un volto al terzetto analizzando le telecamere di videosorveglianza della Montecchia. Sull'identità dei malviventi l'uomo si è espresso con grande precisione: «Erano due romeni e un albanese. L'ho percepito da come parlavano tra di loro in italiano. E chi dava gli ordini era quello di corporatura più robusta, l'albanese. Hanno arraffato qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Si sono impossessati persino della bigiotteria della mia compagna».
Luca Ingegneri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino