«Così abbiamo dimostrato che Einstein aveva ragione»

«Così abbiamo dimostrato che Einstein aveva ragione»
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SAN VITO
Giulio Mazzolo è tra i ricercatori che hanno dimostrato quanto predetto da Einstein. È stato uno sforzo combinato di centinaia di fisici che ha portato alla scoperta del secolo, quella delle onde gravitazionali, deformazioni della curvatura dello spaziotempo. Mazzolo, 33 anni, originario di San Vito al Tagliamento, già ricercatore all'istituto Max Planck di Hannover, poi docente in Svizzera, oggi comunicatore scientifico in Italia, è un ex studente del liceo Le Filandiere che in occasione dei festeggiamenti per i trent'anni l'ha invitato come ospite venerdì 16, alle 18. Agli studenti racconterà di quell'11 febbraio 2016, quando le collaborazioni scientifiche Ligo e Virgo annunciarono al mondo la prima osservazione di onde gravitazionali teorizzate nel 1916 da Albert Einstein come conseguenza della sua teoria della relatività generale.

Mazzolo confessa che i suoi ricordi del liceo Le Filandiere «sono ancora ben chiari. I compagni di classe, i professori, le lezioni e tanti aneddoti che ancora oggi mi strappano dei sorrisi. Dal punto di vista umano mi sono arricchito moltissimo e sul piano culturale, mi ha permesso di avvicinarmi a tante materie, dandomi la possibilità di capire cosa avrei voluto studiare all'università».
Cosa l'ha spinta ad abbandonare l'Italia?
«Soprattutto nel campo della ricerca scientifica è fondamentale spostarsi con frequenza ed entrare in contatto con ambienti diversi. C'era la possibilità di proseguire i miei studi al Max Planck e proprio nel campo di ricerca sul quale volevo focalizzarmi dopo averci iniziato a lavorare con la tesi specialistica in fisica a Padova. Quello, appunto, delle onde gravitazionali».
Che peso ha avuto la sua preparazione universitaria italiana?
«L'università italiana è in grado di fornire una preparazione d'altissimo livello. La cosa è risaputa anche all'estero e la riprova è l'elevato numero di ricercatori italiani che oggi dirigono importanti centri di ricerca. Il problema è nelle possibilità che possono offrire ai giovani ricercatori che hanno completato i loro studi o che vorrebbero rientrare in Italia. Ma questo non dipende dalla loro volontà, bensì dalla scarsità di fondi a loro disposizione.
Dopo la ricerca ha iniziato una nuova avventura, la comunicazione scientifica.
«Desideravo intraprendere nuove strade. La comunicazione scientifica è un campo in forte espansione. Attualmente lavoro vicino a Milano per un'agenzia incaricata di comunicare i risultati ottenuti da progetti di ricerca finanziati dall'Unione Europea».
Quali consigli dà agli studenti di oggi?
«Di seguire le loro passioni e di non aver paura di accettare le sfide che la vita presenterà loro. Penso che queste siano davvero le due cose fondamentali. Forse sembrerò troppo ottimista, ma se si è disposti a fare sacrifici e a dare il 100%, la vita darà in cambio il resto».

Emanuele Minca
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino