«Un atto criminale non collegato al terrorismo»: l'Egitto prepara la sua verità per la morte di Giulio Regeni. E mette a ferro e a fuoco la città alla ricerca dei presunti...
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Negli ambienti egiziani ora si dice che il ricercatore fosse sorvegliato, tenuto d'occhio dalla polizia o da qualche organizzazione paramilitare, per via di quei contatti che aveva provato a stabilire con il mondo dei lavoratori. Cercava informazioni per la sua tesina sull'autonomia dei sindacati locali durante il governo di al-Sisi. Potrebbe aver incontrato persone sgradite al governo egiziano. Del resto il giovane friulano si era già espresso in maniera critica su come i diritti venivano tutelati nel paese africano. E lo aveva scritto anche per un'agenzia di informazione che si chiama Nena News (agenzia stampa Vicino Oriente), un sito creato da giornalisti e ricercatori «con l'obiettivo di diffondere un'informazione indipendente». Un suo articolo, lo stesso che è uscito su Il Manifesto di ieri, era stato pubblicato il 14 gennaio, undici giorni prima della scomparsa, ed è stato poi ripreso da altri siti specializzati. Era firmato con uno pseudonimo: Antonio Drius. Giulio aveva scelto di usarlo perché temeva qualcosa, aveva paura. E forse proprio tra le persone contattate per il suo lavoro potrebbe nascondersi qualcuno che lo ha venduto agli apparati, inventando chissà quale storia di spie e tradimenti.
Così il giovane è finito nella rete di chi lo ha torturato e ucciso: probabilmente arrestato nella retata di attivisti che si è registrata il 25 gennaio, giorno del quinto anniversario della rivolta studentesca di piazza Tahrir. Volevano da lui chissà quali informazioni, hanno picchiato duro e lo hanno assassinato. Avevano fatto così anche con un altro suo coetaneo egiziano, Mohammed al Jungi. Era scomparso il 25 gennaio del 2013, ritrovato in coma in un ospedale il 3 febbraio, dove è morto il giorno dopo per le botte in testa, le bruciature, i tagli. «È stato un incidente stradale», ha dichiarato la polizia. Pure in quel caso una macchina assassina che, non solo travolge, ma anche sevizia. Era un attivista politico e lavorava nel team di un candidato alla presidenza. La verità sulla sua morte non si è mai saputa.
Ed è quello che potrebbe succedere anche per Giulio. Per il momento, il pool di investigatori italiani del Ros, dello Sco e dell'Interpol, arrivati al Cairo ieri sera, ha incontrato solo il nostro ambasciatore Maurizio Massari, e aspetta di poter conoscere lo stato delle indagini. Invece, su un punto la collaborazione sembra sia stata concreta ed è nella possibilità di riportare a casa la bara di Giulio. L'aereo proveniente dal Cairo atterrerà oggi alle 13 a Fiumicino, subito dopo il cadavere verrà sottoposto a una nuova autopsia.
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Il Gazzettino