COMMERCIO ROVIGO Dopo il via libera della Prefettura di Rovigo alla possibilità

COMMERCIO ROVIGO Dopo il via libera della Prefettura di Rovigo alla possibilità
COMMERCIOROVIGO Dopo il via libera della Prefettura di Rovigo alla possibilità per i pubblici esercizi di erogare il servizio di mensa contrattualizzata , in Polesine è partita,...

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COMMERCIO
ROVIGO Dopo il via libera della Prefettura di Rovigo alla possibilità per i pubblici esercizi di erogare il servizio di mensa contrattualizzata , in Polesine è partita, da parte di molti ristoranti, una caccia al contratto con le aziende che necessitano del servizio. Tenere aperto il locale anche con il semaforo arancione, per molti locali significa riuscire a coprire almeno parte delle spesse fisse di affitti ed utenze.

IL CHIARIMENTO
«Nei giorni scorsi - spiega Bruno Meneghini di Fipe Confcommercio - abbiamo interpellato l'ufficio prefettizio in merito alla correttezza dell'interpretazione sulla possibilità per i pubblici esercizi di erogare il servizio di ristorazione a lavoratori di aziende con le quali viene stipulato un contratto per la somministrazione di alimenti e bevande, sia in orario diurno che serale. Per la Federazione provinciale dei pubblici esercizi, infatti, anche i ristoranti e attività similari rientrano nelle attività che possono erogare servizio di mensa e di catering continuativo su base contrattuale come previsto negli ultimi Dpcm».
La nota prefettizia, continua Meneghini, ha ritenuto coerente l'interpretazione dell'associazione di viale del Lavoro «a condizione che il servizio avvenga nel rispetto delle misure di contenimento previste in tema di somministrazione di cibi e bevande. La prefettura, inoltre, invita la Fipe a sottoporre ai propri iscritti l'opportunità di tenere in pronta visione copia dei contratti stipulati fra esercente e datore di lavoro, nonché gli elenchi nominativi dei beneficiari del servizio al fine di permettere una celere verifica da parte degli organi accertatori».
AL LAVORO
«Abbiamo attivato il servizio, in entrambi i ristoranti, la scorsa settimana - spiega Michele Malengo, proprietario di Canaletto e Bagordi - ci siamo però rivolti alla prefettura, di nostra iniziativa, per capire se era possibile aprire ai lavoratori. I Dpcm in merito sono poco chiari. Non volevamo certo rischiare sanzioni. Vista la situazione epidemiologica del momento, abbiamo deciso di accettare solo poche aziende attraverso la mensa contrattualizzata, in modo da garantire distanziamenti e orari scaglionati tra operai di diverse ditte».
«Mai abbiamo chiuso spiega Mino Tempesta del ristorante Da Mino, l'ex mensa del Don Bosco trasferitasi da qualche mese al Censer, in viale Porta Adige - il nostro codice Ateco ci ha sempre permesso di erogare il servizio. Grazie all'ampiezza del locale riusciamo a dare da mangiare a 50-60 persone al giorno. Un 60% in meno, però, rispetto alla capienza che sarebbe di 320 coperti. Si tratta di contratti che avevamo già in essere da anni. Non siamo andati, come sta accedendo in questi giorni, a caccia di accordi con le aziende all'ultimo minuto. Il rovescio della medaglia è che per noi nemmeno l'ombra del ristoro governativo».
CENTRO ESCLUSO
La possibilità di aprire ai lavoratori tramite un contratto con le aziende non porta alcun beneficio, invece, al centro storico. «Durante la pausa pranzo lavoriamo principalmente con i dipendenti di banche e uffici - spiega Giacomo Sguotti del Corsopolitan - non possono arrivare camion e furgoncini in centro per pranzare. Difficilmente i piccoli uffici o gli studi di professionisti stipulano contratti per la pausa pranzo. Per salvare i locali del centro sarebbe utile ci dessero il via libera per aprire almeno agli impiegati che utilizzano i buono pasto».

Se qualche azienda «vuole farsi avanti, ben venga - spiega anche Nicola Belloni di La tappa, il ristorante di via X Luglio -, per il momento non ho ricevuto richieste in tal senso». «Molti locali del centro non hanno gli spazi per organizzare mense aziendali - aggiunge Massimo Maltarello del Pedavena - dobbiamo accontentarci dell'asporto, per il momento». «La qualità della nostra proposta non ci permette di accordarci per un pasto a 10 euro - evidenzia Enrico Rizzato del ristorante Al ponte di Lusia - abbiamo scelto di mantenere uno standard che ci contraddistingue. E anche i lavoratori che pranzano da noi ci scelgono per questo motivo».
Roberta Merlin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino