Una personalità caratterizzata oltremisura vide Zanzotto nel conterraneo Luciano Cecchinel, quando ne presentò l'esordio con una raccolta nell'appartato dialetto...
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Se ne ha una prova nel canzoniere bilingue di tema familiare, che ha edito in veste di pregio la Tipoteca italiana delle Grafiche Antiga. La dedica del libro nomina le due figlie, Chiara e Silvia scomparsa precocemente, e la moglie Danila Casagrande che partecipa al volume con sei suoi acquerelli. Condotti dalle parole già iniziali del poeta (parole residue / come neve trascorsa da nube) si varca il cancello della dimora, lo chiama Ramat nella prefazione, dove si custodiscono legami e motivi essenziali della sua vita. È una casa, si dichiara sin dai primi versi, quasi una Heimat alla Hölderlin o alla Paul Celan, sospesa su un paesaggio prealpino ora dolce e ora aspro e solcato da l'onbria de la paura, sul quale incombono in alto le foreste delle stelle.
Vengono in mente le forêts de symboles della Natura tempio di Baudelaire. Silvia, la figlia perduta, è un affetto e un tormento che dettano liriche di emozionante intensità, di grande poesia italiana superstite, ma in lei che a sé traeva per sfiniti vuoti / la vorace vertigine del cielo, non si esaurisce il fine del silenzioso affiorare di immagini e ricordi vicini all'inesprimibile. Qui sono piuttosto celebrati l'elegia e il tragico condiviso di quattro vite riunite in una lingua dei sentimenti, che è talvolta un parlar cròt (malato), e in un paesaggio sul limite di un verde incorruttibile. Nella poesia di Cecchinel c'è infine la speranza di essere con i cari un'unica morte, in un tenero eterno guardando.
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Il Gazzettino