Una cerimonia sobria, scaldata dal sole e dalla Fanfara del 3° Reggimento Lombardia che, quando ha intonato le note dell'Inno d'Italia, ha regalato una grande emozione. Ed erano...
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C'erano, tra gli altri, la presidente della Regione Debora Serracchiani e il vice Sergio Bolzonello, il prefetto Maria Rosaria Laganà, alcuni parlamentari, il sindaco Alessandro Ciriani, il procuratore Raffaele Tito, il vertice delle altre forze dell'ordine e delle associazioni di categoria. Ma c'erano soprattutto i carabinieri.
A prendere la parola per primo è stato il padrone di casa, il colonnello Mario Polito, comandante provinciale, che ha messo l'accento sulla caserma «accogliente come una casa, una famiglia, dove la porta è sempre aperta. Insistiamo a fare del comunicare un elemento capace di aprire un rapporto, di creare ponti e di favorire incontri, attraverso il superamento delle logiche produttrici di incomprensioni e malessere». Poi è toccato al sindaco Ciriani parlare dei carabinieri come «il simbolo dell'Italia per bene, di chi fa il proprio dovere con dedizione e umiltà. Di chi antepone il proprio dovere e lo spirito di servizio quando tutti invece invocano diritti e garanzie. La politica ha certamente da imparare da questa vostra vicinanza alla gente e alle comunità locali». Poi ancora la presidente Serracchiani che sottolineato «l'importanza di mantenere i presidi dello Stato sul territorio», e infine il generale Del Sette che prima di arrivare a Pordenone aveva portato il suo saluto ai Carabinieri di Aviano dove è stato ricevuto dal comandante di stazione Luigi Ruzza e dal comandante della compagnia di Sacile, capitano Michele Grigoletto. «La presenza dell'Arma è sicuramente la presenza dello Stato - ha detto il generale -. Però non dobbiamo guardare i numeri ma la sicurezza percepita. E dobbiamo collaborare con tutte le istituzioni e le forze dell'ordine affinchè questa percezione della sicurezza sia la più alta possibile».
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Il Gazzettino