Amore eterno a Confindustria. Ma solo quando finirà l'era Barbini. «Perché così non va». Ha aspettato qualche giorno, Gian Domenico Cappellaro. Ha aspettato che si placasse...
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Cappellaro non ripercorre le tappe delle uscite. Ma la storia recente parla degli addii di Massimo Slaviero (Unifarco), di Paolo Montagner (Pai Cristal), di Sandro Da Rold (dimessosi da presidente della Piccola Impresa) e di Jury De Col (Fre Tor), prima della sezione Legno (uscita di scena lunedì scorso). «Qualcuno della giunta esecutiva di Confindustria ha detto che in fondo se n'è andato solo il 5% delle aziende associate, un'inezia - continua Cappellaro -. Ma dietro ad ogni azienda c'è un imprenditore, che merita rispetto. E ci sono aziende, magari anche storiche. Chi è uscito, l'ha fatto comunicando con una lettera le sue intenzioni e dichiarando il dissenso rispetto alla gestione attuale. Per quanto mi riguarda, dopo la mia decisione non sono mai stato contattato da Barbini. Poi ho letto delle dichiarazioni. E ho sentito che tutto questo sarebbe pettegolezzo. Bene: se questa è la governance attuale, abbiamo fatto bene ad uscire». «L'autoritarismo non è un problema, la mancanza di condivisione sì - conclude Cappellaro -. In questo momento non vedo un bel clima in Confindustria Belluno. Un mio rientro? Possibilissimo. Io non rinnego Confindustria, ma solo questa dirigenza». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino