E dopo Moretti, arriva anche Marco Bellocchio. Cannes e il suo delegato generale Thierry Frémaux si fregiano dell'immagine italiana più prestigiosa: un regista autorialmente...
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Marco Bellocchio, che non ha mai sorprendentemente vinto un Leone né una Palma (se non alla carriera), torna a perlustrare il luogo della sua famiglia, attraverso un episodio tragico, un suicidio: «L'idea era di fare un film sulla mia famiglia, ma non sapevo che cosa volevo esattamente fare. In realtà lo scopo era un altro Fare un film su Camillo, l'angelo, il protagonista di questa storia. Il film racconta la morte di Camillo, mio gemello, il 27 dicembre 1968. Una storia totalmente autobiografica, ma che vuole essere universale (altrimenti che interesse potrebbe avere?) per almeno due motivi: una riflessione sul dolore dei sopravvissuti (eravamo abbastanza sani noi fratelli per sentire dolore?), ma soprattutto sulla volontà di nascondere la verità a nostra madre, convinti che altrimenti non avrebbe sopportato la tragedia. Il secondo motivo è che la morte di Camillo cade in un anno rivoluzionario, il 1968, che passò accanto alla vita di Camillo, ma che non lo interessò. Marx può aspettare è la frase che mi disse l'ultima volta che ci incontrammo...». Proprio qui a Cannes, Bellocchio presentò due anni fa Il traditore con Favino nella parte del pentito Buscetta. Frémaux spiega la decisione: «Siamo orgogliosi di celebrare uno dei grandi maestri italiani dopo 56 anni di affascinante lavoro: un regista, un autore, un poeta. La Palma d'oro d'onore è il riconoscimento quasi ovvio per tutti quelli che hanno in questi anni ammirato i suoi film».
Adriano De Grandis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino