Il mercato dei buoni pasto è in continua ascesa e ha raggiunto anche in Friuli Venezia Giulia una certa consistenza, sia nel settore privato sia in quello pubblico. Di recente...
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Ma l'operazione ha portato ad una riduzione dello stipendio che si ripercuoterà su pensioni e Tfr. Se poi si adotteranno i buoni elettronici, cosa molto probabile visto che il Governo ha provveduto alla loro detassazione fino a 7 euro, la capacità di spesa potrebbe ridursi ancora, perché il tesserino dovrà essere utilizzato giornalmente e gli esercenti dotati di macchinetta sono pochi.
Dove è già funzionante, il buono elettronico "costringe" i dipendenti a consumare la cifra giornaliera, magari al bar dell'azienda sanitaria, comprando biscotti e cioccolate per i figli, naturalmente ad un prezzo anche tre volte superiore a quello del supermercato. Le società emittenti vendono i buoni cartacei in cambio di denaro contante. Quella che si è aggiudicata il lotto pubblico di Fvg, Veneto, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Toscana, è la Day Ristoservice. Sul territorio nazionale sono sei i gruppi che controllano quasi tutto il mercato.
Le società emittenti hanno anche il compito di individuare gli esercizi da convenzionare. Più ampia è la platea, più le società si rafforzano. Quello dei buoni pasto è perciò un mercato ricco, cresciuto grazie all'idea che l'indennità di mensa in busta paga è un diritto troppo caro, sia per i dipendenti del pubblico che del privato. Però, se viene trasformato in "diritto di spendere" negli esercizi convenzionati, allora funziona. Ma non per tutti allo stesso modo.
Il buono è un foglio di carta, non una banconota. Prendiamo il caso recente dei dipendenti regionali, ma il sistema è lo stesso anche nel settore privato. La pseudo-banconota di 7 euro si riduce subito a 6,42.
Infatti, su ogni buono i lavoratori pagheranno 58 centesimi di tassazione a conguaglio. Per l'Amministrazione vale invece 5,88 perché la società ha applicato sui 7 euro lo sconto del 15,86% per aggiudicarsi il servizio.
Ma il ribasso va recuperato. Come? Con le commissioni applicate agli esercenti: se il ristorante chiede il rimborso dei buoni alla società emittente entro 15 giorni, gli verrà trattenuto circa il 10% o più su ogni buono. Invece se il pagamento è a 2 o 3 mesi, la commissione diminuisce. Altra fonte di profitto sono i buoni scaduti o deteriorati che all'esercente non vengono pagati, mentre chi li emette incassa comunque.
Quindi, il prezzo più basso spuntato dal pubblico o dal privato non si traduce in un vantaggio né per i dipendenti, né per gli esercenti. Le uniche a stare tranquille sono le società che li emettono.
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Il Gazzettino