Bruxelles vuole piegare Atene alle condizioni dei creditori

Bruxelles vuole piegare Atene alle condizioni dei creditori
Anche in caso di vittoria dei “sì” nel referendum di domenica, l'incertezza politica ad Atene, il fattore tempo e le prossime scadenze finanziarie potrebbero spingere...

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Anche in caso di vittoria dei “sì” nel referendum di domenica, l'incertezza politica ad Atene, il fattore tempo e le prossime scadenze finanziarie potrebbero spingere la Grecia fuori dall'euro. Il messaggio inviato ieri da Juncker, Hollande e Renzi è stato unanime: il 5 luglio i greci decideranno del loro futuro nell'unione monetaria. Se i greci voteranno “sì”, gli europei puntano a un nuovo accordo che permetta di scongiurare la Grexit. In caso di “no”, la Bce taglierà la liquidità di emergenza del programma Ela: controlli sui capitali o meno, le banche greche andranno verso il collasso e il governo sarà costretto a introdurre una moneta parallela per pagare stipendi, pensioni e fornitori, provocando un'uscita di fatto dalla zona euro. Ma questo «scenario catastrofe» - così definito a Bruxelles - potrebbe prevalere anche con la vittoria dei “sì”.

I 15,5 miliardi di aiuti contenuti nell'ultima offerta dei creditori ad Atene si volatilizzeranno oggi a mezzanotte, quando scadrà l'attuale programma di assistenza finanziaria. Per evitare l''uscita della Grecia dall'euro anche in caso di default con il Fondo monetario oggi, il governo greco dovrebbe chiedere «un nuovo piano di aiuti» al fondo salva-Stati Esm, spiega una fonte comunitaria. Lo scenario ideale, secondo alcuni a Bruxelles, è un “sì” nel referendum che costringa il premier greco, Alexis Tsipras, a chiedere un nuovo programma, ad accettare le condizioni poste dai creditori e a chiudere un accordo in pochi giorni. Ma diversi leader europei sono giunti alla conclusione che Tsipras non è più credibile e sono convinti che non porterà avanti misure di bilancio e riforme contro cui si è battuto nel referendum. Nel secondo scenario «ottimista», dopo una vittoria dei “sì”, Tsipras si dovrebbe dimettere, aprendo la strada a un governo di unità nazionale. Ma i numeri in Parlamento giocano contro l'ipotesi di un esecutivo d'emergenza ad Atene. I partiti pro-europei (i conservatori di Nuova Democrazia, i socialisti del Pasok e i liberali To Potami) non hanno abbastanza deputati per formare una maggioranza. In questi mesi Syriza si è dimostrata unita dietro al suo leader ed è difficile immaginare decine di defezioni. Se Tsipras non sosterrà un governo tecnico, non c'è tempo per indire elezioni anticipate.

«La data chiave per la Grecia è il 20 di luglio», spiega un'altra fonte. Quel giorno Atene deve rimborsare 3,5 miliardi alla Bce che non potranno essere pagati se, nel frattempo, non sarà stato approvato un nuovo programma di aiuti, con relativo esborso. Un default il 20 luglio quasi certamente spingerebbe la Bce a tagliare l'Ela provocando lo «scenario catastrofe» di una Grexit di fatto.
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Il Gazzettino